L’OMAGGIO
Addio a Tomassini, non era solo un politico
Domani i funerali del senatore. Il ricordo del direttore Pascarella

La morte del senatore Antonio Tomassini è la dimostrazione evidente di quanto caduca sia la nostra vita. Lo senti al telefono giusto giovedì e il lunedì dopo ti arriva un messaggio che mai avresti voluto né ricevere né leggere. Ti avvisa che lui non c’è più. Non ci credi. Tu come molti altri a cui è giunta inaspettata e ferale la notizia. Tu come tutti quelli che gli volevano bene perché lui era così, naturalmente galantuomo, spontaneamente leale, incredibilmente capace di tessere relazioni. Insomma era lui, il Sen Tom che ti guardava con i suoi occhi azzurri, che ti telefonava e ti raccontava tutto, della politica, delle persone, della vita nostra e degli altri.
Un uomo come ormai non ce ne sono più. Si dice spesso così quando muore una persona conosciuta e stimata, ma stavolta non è retorica. Non è un luogo comune. Antonio Tomassini era molto più di un semplice politico. Lo capivi quando parlava e coglieva subito il punto. Lo intuivi quando ti raccontava di questo o di quell’altro personaggio che nella sua vita aveva conosciuto e gli aveva aperto un mondo, uno scenario, una visione.
Ci manca già tanto. A Varese aveva lo sguardo sulla sua storia, le sue radici ben piantate a terra ma il suo pensiero era già proiettato sul futuro, sulle elezioni del 2027 e su una bella idea per dare la scossa a una città che o coglie al volo il richiamo del cambio di passo o resta impantanata in una grandeur che ormai non c’è più. Aveva capito tutto lui. E stava già lavorando per costruire alleanze, per fare grande un territorio che lui amava anche se non era di sangue varesino ma figlio di un comandante della polizia locale di San Benedetto del Tronto. Era nato ad Ascoli Piceno ma a Varese è cresciuto, ha fatto le scuole e mai ha cessato di pensare a questa città, con le sue ricchezze e le sue contraddizioni, come un grande trampolino di lancio.
Non tutti lo hanno ascoltato. Non sempre lo hanno seguito. Ma il suo merito, allora come oggi, è di averci sempre creduto, perché mai ha cessato di essere in ogni piccolo o grande momento della sua vita il Sen Tom, colui che ti telefonava per esporre il suo senso civico di fronte a una realtà che non sempre era in linea con quei criteri di lealtà e di rispetto che lo hanno contraddistinto. Se n’è andato all’improvviso e in modo inspiegabile. Un vuoto enorme si è aperto. L’unica consolazione di fronte a un lutto del genere è aggrapparsi a qualcosa che non si può spiegare. Richiamando, allora, una band tanto cara al figlio Francesco, non resta che citare una frase di Robert Smith dei Cure in uno dei suoi capolavori: “I went away alone, with nothing left, but faith” (Me ne sono andato via da solo, senza più niente, tranne la fede). È una piccola medicina su una ferita profonda. L’unica che può servire in questo momento.
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