CHE FINE HA FATTO
Carissimo caffè, sei secondo solo al petrolio
L’1 ottobre è stata la giornata internazionale di questa bevanda. Per la leggenda, fu “inventato” da un pastore con l’aiuto delle sue capre

Narra la leggenda che un pastore chiamato Kaldi portasse a pascolare le sue capre in Etiopia. Un giorno, incontrando una pianticella sconosciuta, queste cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai manifestata fino ad allora. Il pastore ne intuì la ragione e abbrustolì i semi della pianta, li macinò e ne fece un’infusione: era nato il caffè. Ricorda la storia che il celebre critico gastronomico di fine Ottocento/inizio Novecento Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, sosteneva che il miglior caffè fosse quello di Mokha (città nello Yemen, vi dice niente questo nome?) e che questo indizio permetteva di individuarne il luogo d'origine. E ancora: la parola italiana caffè entrò nella lingua italiana tramite il vocabolo turco-ottomano kahve, derivante dalla parola araba qahwah, che originariamente voleva dire “vino”.
Che fine ha fatto il caffè? Della coffea, la pianta da cui ha origine il caffè, sono note oltre centotrenta specie, di cui le due più famose sono l’arabica e la robusta. Nel XV secolo la bevanda si diffuse dall’Arabia ai territori degli attuali Egitto, Siria e Turchia, arrivando in Europa a Istanbul; nel XVI secolo sbarcò a Malta e in Sicilia, poi, via nave da Malta, a Napoli. Nel XVII secolo arrivò in Francia, Austria, Gran Bretagna e a Boston, sbarcando sul continente americano. Quindi fu portato nelle colonie britanniche e in quelle olandesi, tra cui la Guyana da cui penetrò in Brasile, dove furono create le piantagioni.
Sì, ma che fine ha fatto il caffè oggi? Ogni città che si rispetti ha il suo caffè supermega titolato: attualmente i primi cinque in Europa sono quelli storici, e cioè nell’ordine il Florian di Venezia, il Central a Vienna, il Gijon a Madrid, Les Deux Magots a Parigi e l’Antico caffè San Marco a Trieste. E, a scendere, giù fino alle macchinette casalinghe e alla mitica moka (o moca che scriver si voglia) che tutti hanno in casa e che magari tutti hanno usato l’1 ottobre, da anni data della giornata internazionale della bevanda da noi ritenuta un simbolo dell’Italia quanto la pizza. E poi, che fine ha fatto... È passato al secondo posto per valore economico come merce più scambiata al mondo dopo i prodotti petroliferi. Non male, no, per una “scoperta” di poche capre?
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