BUSTO ARSIZIO
Il primato del vino e le sfide dell’agroalimentare
Prezzo delle materie prime, scarsità di risorse idriche e frammentazione i nodi del settore. Il 12% dell’export è rappresentato dal vino.
Come cambia il consumo del cibo? E come si comporta il consumatore in un contesto dominato dall’incertezza?
A queste domande ha risposto con dovizia di dati Alessandra Bracchi, consulente food&retail di Teha-Ambrosetti, nel corso del workshop Economix, promosso da Prealpina e andato in scena ieri pomeriggio, mercoledì 3 dicembre, allo Spazio E20 di Borsano. Di estremo interesse, nonché decisamente accattivante, il tema proposto: “Il cibo in tavola nell’era dell’incertezza”. La sala era completamente gremita.
Da rigorosa analista qual è, Bracchi ha illustrato la propria relazione basandosi su una ricca mole di dati e statistiche. Numeri che, per definizione, non mentono.
L’incertezza
La cornice psicologica in cui si inseriscono i dati sul comparto agroalimentare non è incoraggiante, visto che oggi si registra il livello massimo di preoccupazione per il futuro (8,6 per cento) degli ultimi 25 anni. Ma l’Italia non è più il fanalino di coda dell’Europa, anzi – ha evidenziato Bracchi – dopo il periodo Covid è cresciuta del 15,1 per cento in più rispetto alla media europea. Resta però il triste dato che vede l’Italia distinguersi in negativo tra i paesi Ocse come l’unico in cui i salari sono diminuiti - dello 0,2 per cento - rispetto al 2000. In questo contesto tra luci e ombre, il settore agroalimentare deve affrontare numerose sfide.
Le sfide
La prima: il prezzo delle materie prime. Energie e combustibili hanno visto un aumento del 57 per cento, i concimi semplici del 44 per cento. Rincari sanguinosi considerando che «l’industria alimentare incide per il 10 per cento sui consumi energetici».
La seconda questione inaggirabile è la scarsità delle risorse idriche, e non c’è bisogno di spiegare quanto l’acqua sia determinante quando si parla di cibo. Anche in questo caso qualche luce si intravede: dopo la grande siccità del 2022, la risorsa idrica è cresciuta del 14 per cento. Bisogna inoltre tenere presente che il problema è più avvertito al sud che nell’Italia settentrionale, interessata nel recente passato da una sovrabbondanza di piogge.
Frammentazione e dazi
Tra i fattori di contesto da considerare, Alessandra Bracchi cita infine la frammentazione del settore (costituito all’85 per cento da microimprese, che generano un 9,9 per cento di valore aggiunto) e i dazi, tanto più che l’Italia è prima in Europa e terza al mondo per export di prodotti alimentari. I rischi sono però mitigati dal fatto che oltre 7 miliardi di euro di agri-food destinati al mercato statunitense riguardano prodotti difficilmente sostituibili. In assoluto, il nostro paese ha fatto registrare 67,5 miliardi di euro in esportazioni agroalimentari nel 2024, cifra che sale a 70 miliardi nel 2025.
Brindisi
Alessandra Bracchi rivela che «la prima categoria di prodotti agroalimentari esportati è il vino (8,3 miliardi di euro, 12 per cento dell’export)». Salvaguardare il settore è di vitale importanza: la filiera agroalimentare si conferma asset strategico dell’economia nazionale con 262 miliardi di fatturato e oltre 3 milioni di occupati in tutto il Paese. Italia che svetta al primo posto in Europa per numero di prodotti certificati, per un fatturato di oltre 20 miliardi di euro. E in Lombardia? Nel settore la nostra regione è la prima per fatturato: 50 miliardi di euro, per 130 mila occupati.
Consumi e abitudini
Ma come sono cambiate (se lo sono) le abitudini dei consumatori in ambito alimentare? In base a una survey alla quale hanno risposto 1.000 italiani, il primo criterio utilizzato per la scelta di un acquisto rimane la qualità (71 per cento), seguita dal prezzo (come si può intuire, nelle famiglie ad alto reddito crescono le percentuali della qualità e diminuiscono sensibilmente quelle del prezzo). Il 27 per cento degli intervistati dichiara di prestare maggiore attenzione che in passato agli sconti e le offerte, mentre il 19 per cento continua a comprare gli stessi prodotti anche se il prezzo è cresciuto.
Siamo disposti a pagare di più per effettuare scelte basate sulla sostenibilità? «Solo il 4,4 per cento degli italiani dice sì – fa sapere Bracchi -, e rispetto al 2024 la percentuale è crollata del 40 per cento». Il supermercato resta di gran lunga il luogo più gettonato per gli acquisti. Chi va a mangiare fuori casa sceglie il ristorante tradizionale (78 per cento di risposte positive), seguito dallo street food (24 per cento) e i locali etnici.
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