LE OPINIONI
Festival dei figli di. E un po’ dei Jalisse
A Sanremo 2026 alta percentuale di proposta hip-hop, ma lo slancio al moderno sembra di facciata. Gassman, Tredici Pietro (Morandi) e Lda (D’Alessio), nepotismo doc ed esclusione dei vincitori del 1997
L’attesissimo annuncio del cast di Sanremo 2026 da parte del solito Carlo Conti ha dato il via ai solitissimi commenti disfattisti: livello mai così basso (succede puntualmente ogni anno), copiosa presenza di “figli di...” e un menù trito e ritrito. La presenza di LDA (Luca D’Alessio), Tredici Pietro (Morandi) e Leo Gassmann ha fatto gridare allo scandalo, ma francamente che colpa hanno i tre rampolli, in un’Italia dove è pressoché impossibile arrivare senza Santi in paradiso? Meglio forse il nipote del grande Vittorio che “amici di”, “cugini del dirigente di” e quant’altro di cui, siatene certi, è pieno il cast. Un cast che presenta una decina di proposte rap (curiosità sulla “mostruosa” accoppiata Fedez-Masini, tanti vecchi leoni, da J-Ax a Dargen, alcuni prodotti da talent: siamo sicuri che questo basterà ad assicurarsi il pubblico giovane?), un nutrito numero di interpreti femminili (dalla sempiterna Patty Pravo alle interessanti Levante e Ditonellapiaga) e una spruzzata di (ex) indie, da Tommaso Paradiso a Fulminacci.
Pronostici? Chiedere ai signori dell’industria discografica. Sicuramente da segnalare il ritorno di un Ermal Meta che, da queste parti, vanta una certa assiduità ai podi. E un applauso agli immensi Jalisse, al ventinovesimo rifiuto su 29 edizioni dopo la loro sorprendente (e nefasta) vittoria del 1997.
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