IL PROCESSO
Il dolore di una madre: “Hanno fatto morire Gianni”
Deposizione in Corte d’Assise della mamma di Gianni Sala, morto davanti agli studi di Sky a Milano: i due vigilantes in silenzio. La testimonianza dell’ex calciatore Marocchi
Ieri mattina doveva essere il giorno della deposizione delle due guardie giurate finite sotto processo davanti alla Corte d’Assise di Milano con l’accusa di omicidio preterintenzionale per la morte di Gianni Sala, il trentaquattrenne di origini palermitane che viveva con la madre a Germignaga, morto nella notte tra il 19 e il 20 agosto dell’anno scorso fuori dagli studi di Sky Italia, in zona Rogoredo, a Milano. Ma la deposizione non c’è stata. I due vigilantes, all’epoca in forza a Italpol, hanno scelto la via del silenzio. Uno dopo l’altro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Dolore che si rinnova
Fuori dall’aula, Lucia Cosenza, la madre della vittima, non ha nascosto tutta la sua rabbia: «Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere perché non hanno nulla da dire. Parlano da soli i video dell’impianto di sorveglianza di Sky che dimostrano come hanno fatto morire soffocato mio figlio. Mio figlio gli aveva messo pure la mano qua, al petto, per fargli segno che stava male, ma loro me lo hanno messo a pancia sotto e me l’hanno fatto morire senza farlo respirare. Dovrebbero marcire in carcere», ha commentato in lacrime fuori dall’aula. Per poi aggiungere: «Non possono nemmeno dire le bugie perché ci sono i video che parlano per loro. Già al primo giorno dovevano mettergli le manette. E invece niente. Spero che mio figlio abbia giustizia perché se lo merita. Gianni era una persona pulita. Loro quella sera lo hanno visto in quelle condizioni e se ne sono approfittati. Lui aveva le sue difficoltà ma non era un barbone. Provo un dolore che non si può immaginare. Hanno tolto la vita anche a me».
Testimone eccellente
Nell’udienza ha testimoniato anche l’ex giocatore della Juventus, del Bologna e della nazionale, Giancarlo Marocchi: «Sono collaboratore di Sky da anni e la trasmissione era finita a mezzanotte. Quando esco dagli studi prima di tornare a Bologna fumo una sigaretta. Quella sera ho visto il ragazzo che correva e attraversava la strada avanti e indietro. Era visibilmente alterato. Mi sono messo di fianco alle guardie ed ero a disagio. Finché sono stato lì non ho sentito minacce, tutt’al più ho sentito che gli dicevano di andare via». Secondo il pm milanese Alessandro Gobbis, in quell’azione i due vigilantes avrebbero dato «sfogo a istinti violenti e inutilmente prevaricatori». Come documentato dai filmati, il giovane, che aveva lavorato come aiuto cuoco in Germania e che quella sera era in evidente stato di alterazione a seguito dell’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, fu immobilizzato in modo violento, quando non c’era «alcuna necessità di tutelare persone o cose da pericoli concreti».
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