OMICIDIO LIMIDO
«Mai pensato che potesse aggredire Lavinia»
Varese, processo a Manfrinati: le parole della psichiatra consulente della difesa
«Temevo che Manfrinati si suicidasse o aggredisse la suocera, che era il suo obiettivo, ma mai, né io né gli altri specialisti che seguivano il caso, ci saremmo aspettati che colpisse Lavinia. Marco non ha mai elaborato l’ingiustizia della sottrazione del figlio, il fatto che gli portassero via la cosa più importante, l’oggetto d’amore». Parola della psichiatra Stefania Zeroli, consulente della difesa dell’ex avvocato a processo in Corte d’assise per il tentato omicidio dell’ex moglie Lavinia Limido, sfregiata con numerose coltellate, e dell’omicidio del padre di lei, Fabio, intervenuto per difendere la figlia.
Zeroli, che era stata anche consulente di parte nella valutazione della capacità genitoriale disposta dal tribunale di Busto Arsizio nell’ambito della causa di separazione della coppia, ha spiegato che a suo dire – a differenza di quanto affermato da altri psichiatri e psicologi - l’imputato aveva «una malattia psichiatrica, non era una persona sana», aveva un «disturbo dello spettro autistico compensato da un’elevata condizione cognitiva». Una diagnosi che «influisce sulla imputabilità, ma credo sia necessaria una valutazione peritale più approfondita». Che è ciò che la difesa di Manfrinati chiede fin dall’udienza preliminare; ma sull’ipotesi di perizia psichiatrica, finalizzata a valutare la capacità di intendere e volere al momento dei fatti, la Corte non ha ancora sciolto la riserva, e deciderà dopo l’esame dell’ultimo consulente tecnico, il professor Felice Carabellese, in calendario venerdì 12 dicembre. Quel giorno Marco Manfrinati - in carcere dal 6 maggio 2024, giorno della duplice aggressione in via Menotti a Casbeno – potrebbe rendere dichiarazioni spontanee. L’ex avvocato è già stato condannato (a 4 anni e 5 mesi) per stalking ai danni della famiglia Limido.
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