IL PROCESSO
Suocero accoltellato. l’omicidio non fu premeditato
Delitto Baldo a Saronno, chiesto il giudizio immediato per Elena Pagani. La procura non contesta la premeditazione
Uccise il suocero con sette coltellate, per Elena Pagani è arrivato il momento di affrontare il tribunale. Nei giorni scorsi il pubblico ministero Roberto Bonfanti ha depositato la richiesta di giudizio immediato: alla quarantunenne difesa dall’avvocato Angelo Murdolo, la procura non ha contestato l’aggravante della premeditazione. Il suo fu quindi un gesto disperato e di impeto, maturato sì in un disagio che l’insegnante di inglese provava da tempo, ma non pianificato. Il delitto - almeno allo stato degli atti - è tuttavia aggravato dalla coabitazione con Romolo Baldo quindi il processo sarà celebrato davanti alla corte d’assise.
Sangue alla Domus Verde
Nessuno dei residenti del quartiere residenziale di Cassina Ferrara avrebbe mai immaginato che nella villetta di via Pio XI aleggiasse un’atmosfera di tensione. Lo scoprirono lo scorso 9 giugno quando la stradina si riempì di carabinieri, ambulanze, polizia locale e giornalisti. Elena si era trasferita lì nel 2019 con il compagno Cristiano, morto a settembre per arresto cardiaco. È l’avvocato Murdolo a fare chiarezza sullo stato d’animo della donna: «Da anni pativa solitudine, umiliazioni, indifferenza. È una donna fragile, che soffre di disturbi psicotici e che subiva passivamente il disinteresse del compagno». Sulle spalle di Elena Pagani, stando alla ricostruzione difensiva, era pian piano ricaduto l’onere dell’accudimento del suocero ormai ottantasettenne. Ma ci sarebbe di più: con il trascorrere del tempo, l’anziano avrebbe manifestato attenzioni morbose e sempre più esplicite. «Lei non si era mai confidata con nessuno, tanto meno con Cristiano, per il quale provava adorazione totale, tipica delle dipendenze affettive. Si vergognava delle molestie subite da Romolo ma sopportava silenziosamente». E intanto il disagio psichico cresceva.
Corto circuito
Quella mattina Cristiano era impegnato con i seggi elettorali per il ballottaggio. Elena era attesa a scuola, ad Appiano Gentile, per gli scrutini di fine anno. Romolo aveva in programma una visita medica e le avrebbe domandato di accompagnarlo in bagno e di aiutarlo a lavarsi per presentarsi in ordine davanti allo specialista. La quarantunenne temeva la deriva che quella richiesta avrebbe potuto prendere e così si mise in tasca un coltello da cucina. È impossibile stabilire cosa sia successo davvero, se l’anziano le avesse fatto qualche avance o se quello scenario fosse una suggestione della mente. Di certo c’è che la donna colpì il suocero con sette fendenti. Poi chiamò il compagno e gli comunicò di aver ucciso suo padre. Cristiano allertò i carabinieri e il 118. Ma per il pensionato non c’era più nulla da fare. Elena era in una condizione drammatica. Non riuscì neppure a rispondere alle domande rituali sulle generalità: davanti ai carabinieri e al pubblico ministero Roberto Bonfanti apparve confusa, disorientata, anzi alienata. Non poté neppure affrontare l’interrogatorio di convalida del fermo davanti al gip Veronica Giacoia perché dal carcere di Como venne subito trasferita in psichiatria e sottoposta a tso. Iniziò ad aprirsi dopo settimane senza però recuperare lucidità. Dal 14 agosto è agli arresti domiciliari: il tribunale del riesame ha accolto il ricorso dell’avvocato Murdolo incentrato sull’insussistenza delle esigenze cautelari e sull’incompatibilità del regime detentivo con lo stato di salute dell’imputata. Il processo - che potrebbe iniziare a febbraio - sarà una nuova tappa dolorosa nel percorso che la donna sta compiendo. La ex cognata, assistita dall’avvocato Giovanna Menichino, si costituirà parte civile.
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