L’ESPOSIZIONE
Arte e follia: Ligabue e gli altri
A Lecco una mostra di artisti che hanno conosciuto il manicomio o che hanno seguito percorsi anomali

Ci sono leonesse che azzannano zebre, giaguari che si avventano su gazzelle indifese. Le bestie feroci, immerse in scenari esotici, dell’immaginario di Antonio Ligabue (o Antonio Laccabue, 1899-1965), sono esposte a Palazzo delle Paure di Lecco, per la mostra Antonio Ligabue e l’arte degli outsider, a cura di Simona Bartolena. Animali che l’artista, nato in Svizzera e vissuto nella Bassa padana, dove era soprannominato “Toni al matt”, non aveva mai visto dal vivo, se non da bambino al circo. «Ero bambino e mi portarono in un circo a vedere le bestie feroci», raccontava. «Durante lo spettacolo mangiai un chilo di mele che mi causò una indigestione. Tutta la notte ho visto leoni e altri animali nella mia stanza. Il mattino andai a vedere nella piazza del circo se gli animali erano ancora nelle gabbie o erano scappati per raggiungermi nella camera». Animali selvaggi che diventano, insieme a galli e buoi, lo specchio di qualcosa di ancestrale, proprio della sua stessa psiche, il mondo fantastico in cui trovare rifugio, in una situazione psicologica difficile, fatta di continui ricoveri in ospedali psichiatrici e del tentativo di comunicare attraverso l’atto di dipingere. È questo il punto di partenza di una riflessione sul complesso rapporto tra arte e follia: una sessantina di opere per otto artisti (Antonio Ligabue, Filippo de Pisis, Carlo Zinelli, Gino Sandri, Edoardo Fraquelli, Pietro Ghizzardi, Mario Puccini, Rino Ferrari), che hanno conosciuto il manicomio o le cui ricerche hanno seguito percorsi anomali, fuori dagli schemi. Otto storie personali, otto linguaggi artistici fuori dal comune, capaci di raccontare il complesso rapporto tra arte e “follia”, un intreccio difficile da districare che lascerà al visitatore importanti motivi di riflessione. Il percorso espositivo si apre con l’installazione di Giovanni Sesia, che ha lavorato sulle foto dei volti degli internati delle principali strutture italiane di inizio Novecento, per passare poi alla figura di Antonio Ligabue, fulcro della mostra. Seguono lavori di Filippo de Pisis (1896-1956), pittore, ma ancor prima poeta, dotato di una spiccata sensibilità che per un periodo si trasforma in un profondo male di vivere, un’inquietudine incontrollabile che si riverbera nei dipinti. Un’altra figura commovente è quella di Gino Sandri (1892-1959), finissimo intellettuale, scrittore straordinario e disegnatore e pittore dalla mano felicissima, la cui esistenza è segnata dalla permanenza in manicomio. La rassegna si completa con due affondi su Pietro Ghizzardi (1906-1986), spesso accostato a Ligabue, da cui si differenzia per la scelta di ritrarre figure femminili, ed Edoardo Fraquelli (1933-1995), con la sua pittura di luce, fatta di gialli vibranti e onirici rosa, esito di una liberazione interiore, di una nuova consapevolezza e di una profonda speranza, la stessa che si trova nelle sue poesie: «imparerò ad amare il tutto / La brezza del perduto, di nuovo spasimo per non farsi oblio… ».
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