TRIBUNALE
«Calci e pugni ai fermati: processate i poliziotti»
Chiesto il rinvio a giudizio di due agenti della Questura di Varese
Avrebbero sferrato pugni e calci a due persone fermate e portate in Questura per vari reati (dalla resistenza a pubblico ufficiale al furto). E ora, se verrà accolta l’istanza di una delle parti offese, i due poliziotti rischiano l’accusa, ben più grave, di tortura.
Per gli agenti della Squadra Volante, infatti, la Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio con le accuse di abuso di autorità contro arrestati o detenuti, violenza privata, falso ideologico in atto pubblico e lesioni personali per tre episodi successi tra il 2016 e il 2018. Se alcuni reati sono già prescritti, per quelli datati 2018 la prescrizione (sette anni e mezzo) è vicina. Per i secondi, però, il legale di parte civile, l’avvocato Luca Carignola, ha presentato mercoledì al gip Niccolò Bernardi una memoria chiedendo - alla luce delle «sofferenze fisiche» o del «trauma psichico» causato all’arrestato - di modificare l’imputazione in tortura, reato che prevede come pena massima, per i pubblici ufficiali, dodici anni di reclusione. E quindi, in caso di accoglimento dell’istanza (sulla quale il giudice si esprimerà nell’udienza fissata a fine aprile), i termini per arrivare alla sentenza si allungherebbero in maniera significativa.
All’udienza preliminare - che è entrata nel vivo a oltre tre anni dalla richiesta di rinvio a giudizio - non c’erano solo i difensori dei due agenti (le avvocate Monica Alberti e Martina Zanzi) ma anche il legale del 31enne automobilista albanese che il 7 aprile 2018 non si fermò all’alt e che poi sarebbe stato picchiato; era lì in veste sia di rappresentante di parte civile, sia di difensore dell’imputato dei reati di resistenza e ricettazione dell’auto rubata a bordo della quale fu bloccato a Gavirate il 7 aprile 2018. Secondo l’accusa, nonostante il fermato avesse alzato le mani dicendo “faccio tutto quello che vuoi”, sarebbe poi stato malmenato da tre poliziotti. Uno - che è già uscito di scena con un patteggiamento - lo avrebbe colpito alla testa e sulle mani con la paletta di servizio, gli altri due (gli attuali imputati, di 40 e 32 anni) lo avrebbero riempito di pugni, in faccia e al costato, quando ancora era seduto in macchina. Pestaggio che sarebbe proseguito anche all’interno della Questura, dove sarebbe stato poi spinto a terra e preso a calci sulla schiena e sulle gambe. Uno degli agenti avrebbe poi dichiarato il falso mettendo a verbale che l’albanese si era ferito da solo alla testa durante l’inseguimento.
Ma il capo di imputazione elenca anche altri due episodi risalenti al 2016. Parte offesa, in questo caso, un italiano con diversi precedenti, ammanettato per una tentata estorsione in un’agenzia viaggi a Induno Olona. In un’occasione, a maggio, i due imputati lo avrebbero preso a pugni e gomitate, per poi buttarlo a terra e salirgli sulla schiena, bloccandolo con il ginocchio e schiacciandolo. Le lesioni (con prognosi di venti giorni) furono poi rilevate dal medico del carcere dei Miogni la mattina successiva, senza che della loro natura vi fosse traccia nei verbali di polizia. Le indagini, con tanto di intercettazioni telefoniche, fecero emergere anche un episodio di aprile dello stesso anno, quando il 46enne fu fermato per un furto in un negozio di Varese e, una volta in Questura, sarebbe stato picchiato con tre pugni al volto da uno dei due imputati, per poi dire ai colleghi che stavano compilando gli atti dell’arresto di scrivere che l’uomo aveva appena ammesso il furto (ma in realtà non ci fu alcuna confessione e l’arresto non fu convalidato dal gip).
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