LA MOSTRA
Il giardino creolo di conoscenza e resistenza
Al Museo Vela, Ishita Chakraborty ha allestito «In Passage Tropical». L’installazione site-specific dialoga con la collezione svizzera

“La libertà è una lotta costante“, è il titolo dell’installazione site-specific realizzata al Museo Vela di Ligornetto dall’artista bengalese Ishita Chakraborty, in riferimento al titolo del saggio della famosa attivista afroamericana Angela Davis e alla sua intuizione che tutte le lotte di liberazione sono interdipendenti. L’installazione è stata pensata in relazione e in dialogo con Spartaco, una delle opere iconiche dello scultore svizzero. Presentata a Brera nel 1851, la scultura di Vela dedicata alla figura del gladiatore alla guida di una rivolta di schiavi nel I sec. A. C. suscitò scalpore, diventando il simbolo della ribellione contro la dominazione austriaca.
Chakraborty ha creato a Ligornetto un giardino “creolo”, ispirato al giardino creato dagli schiavi deportati dai Caraibi, dove la sera, dopo una giornata trascorsa a lavorare, piantavano alberi di frutta e piante medicinali e ogni sorta di altre piante che potevano ricordare il loro paese, la loro casa e che potevano anche proteggerli. Quindi – spiega l’artista – questo è un giardino di conoscenza e una forma di resistenza. Le piante sono silhouette leggere che galleggiano nello spazio museale, realizzate con juta, materiale povero, legato alla storia della schiavitù e del colonialismo e anche agli scambi commerciali tra il Nord e il Sud del mondo. Sul retro di queste silhouette sono stati incollati dei frammenti di stoffa ricavati dai sahri indiani, che fanno parte della storia personale dell’artista. Il giardino risuona delle voci di migranti dei nostri giorni. All’interno dell’emiciclo del Museo si possono inoltre ascoltare sette storie, legate al passato e recenti, di persone emigrate in Svizzera, perché, come scrive Angela Davis nel suo saggio, le storie degli altri in fondo sono le nostre: i meccanismi dell’oppressione, dell’esclusione e dello sfruttamento sono gli stessi. Amplificando le voci degli emigrati, l’artista vuole dare voce a chi spesso rimane inascoltato, interrogandosi – e interrogandoci – sul concetto di libertà oggi, ma anche sullo sradicamento e sulla costruzione dell’identità culturale.
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