SVILUPPO
La parola d’ordine è... circolare!
Lombardia alla guida della classifica con il 20% del Pil nazionale prodotto e il 5% del suo fatturato annuale investito in processi di rinnovamento e riciclo
L’economia circolare in Italia sta vivendo una crescita sostanziale, spinta dal crescente impegno europeo per una produzione e consumo sostenibili. E in questo scenario, la Lombardia si distingue per l’impegno nella transizione verso questo modello, divenendo punto di riferimento nel panorama italiano. Nel 2022, il nostro Paese ha registrato un tasso di circolarità del 19%, ben al di sopra della media europea del 12,8%, collocandosi al secondo posto in Europa dopo la Francia. Il Nord Italia, e in particolare la Lombardia, guida questa classifica: la Regione produce circa il 20% del Pil nazionale, e investe in media il 5% del suo fatturato annuale in processi di rinnovamento e riciclo. Un trend che nel 2023 ha visto un incremento del 7%, segno dell’attenzione crescente verso la sostenibilità.
La Lombardia è anche la principale regione italiana per raccolta differenziata, con il 74,1% dei rifiuti urbani riciclati, un dato che supera di gran lunga la media nazionale del 63%. La performance si traduce in benefici ambientali e, non meno importante, in vantaggi economici: secondo dati di Unioncamere Lombardia, le aziende lombarde che adottano pratiche circolari registrano una riduzione dei costi operativi dal 5% al 10% annuo. Questo impatto è evidente in settori chiave come la moda, dove il riciclo dei materiali e la rigenerazione tessile hanno portato a risparmi significativi e creato nuove opportunità lavorative. Anche il comparto dell’automotive e quello chimico stanno beneficiando di questo approccio. In termini di occupazione, l’economia circolare rappresenta una spinta per i lavori verdi: si stima che in Lombardia nel 2023 siano stati creati oltre 12.000 nuovi posti di lavoro legati alla sostenibilità, con una crescita del 10% rispetto all’anno precedente. Questi numeri riflettono la capacità della Regione di trasformare le normative ambientali europee in una reale occasione di sviluppo. Opportunità che sono certamente alla portata delle grandi aziende, in grado di investire il capitale, economico e umano, necessario per avviare una transizione di questo calibro. Più complesso il discorso per le piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di questo tipo di risorse per avviare un nuovo modello di produzione.
E le Pmi del territorio di Varese a che punto sono con la transizione verso l’economia circolare? Secondo i dati forniti dalla Camera di Commercio di Varese, ad oggi circa il 12% delle Pmi della provincia ha adottato iniziative legate alla circular economy. Parliamo di realtà che hanno deciso di rivedere i propri modelli produttivi per ridurre gli sprechi, riutilizzare materiali e abbattere l’impatto ambientale. Non si tratta di cifre enormi, ma l’evoluzione è chiara: negli ultimi tre anni, questo dato è cresciuto del 30%, con un aumento costante di imprese che investono in tecnologie green. Il vero nodo, però, è capire se l’economia circolare sia davvero una leva per la competitività. Riciclare, riusare, ridurre: sono termini che suonano bene nei convegni, ma funzionano nel mondo reale? Questo modello può davvero essere la nuova frontiera per le Pmi del territorio, ma non senza ostacoli. La chiave sarà nella capacità di queste imprese di sfruttare gli incentivi disponibili e di collaborare tra loro per creare un ecosistema che funzioni. Se il futuro sarà davvero circolare, lo scopriremo nei prossimi anni. Ma una cosa è certa: chi si fermerà, sarà condannato a restare fuori dai giochi. E per un territorio come Varese, da sempre motore dell’economia italiana, questo sarebbe un prezzo troppo alto da pagare.
Chiara Volontè
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