SETTIMA ARTE
Magia dei film: è tutto merito del cervello
Uno studio portoghese ha risolto il mistero e ha aperto nuovi spazi di ricerca per trattare diverse patologie

Da un lato forse questa scoperta toglierà poesia alla “settima arte”, ma dall’altro fa capire che meravigliosa macchina sia il cervello umano. E non solo: ora potrebbero aprirsi nuovi spazi di ricerca per trattare varie patologie.
Uno studio del centro di ricerca Champalimaud di Lisbona, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha scoperto che la “magia” dei film è tutta opera di una piccola area del cervello che trasforma i singoli fotogrammi nell’illusione di immagini in continuo movimento, senza interruzioni tra l’una e l’altra. Questa struttura fondamentale è stata individuata nel collicolo superiore, vitale non solo per guardare un film, ma soprattutto per la percezione dinamica del mondo che ci circonda.
Tutto qui? No: questa scoperta apre nuove strade per la comprensione e il trattamento di disabilità visive, malattie del nervo ottico, ictus e autismo. La velocità con cui i lampi di luce devono susseguirsi affinché il cervello li percepisca come una luce fissa anziché lampeggiante è nota come “soglia di fusione dello sfarfallio” e varia molto tra le specie animali: ad esempio, gli uccelli hanno una soglia molto più alta rispetto agli esseri umani, e possono quindi captare anche movimenti estremamente veloci.
Tuttavia, utilizzando metodi diversi per misurare questa soglia si ottengono solitamente risultati diversi. Per chiarire un po’ l’intricata questione, come riporta l’Ansa, «i ricercatori coordinati da Noam Shemesh hanno scelto di combinare tra loro scansioni cerebrali con risonanza magnetica funzionale, esperimenti per valutare il comportamento e registrazioni elettriche dell’attività cerebrale. L’obiettivo era osservare il cervello quando passa dalla percezione di lampi singoli a quella di una luce fissa e individuare le regioni coinvolte in questo processo».
Tutti i dati hanno indicato il coinvolgimento di una stessa area: il collicolo superiore, appunto. «A frequenze di luce più basse, ogni lampo sembra essere elaborato da questa struttura come una novità importante, ma - ha spiegato Rita Gil, co-autrice dello studio insieme a Mafalda Valente - quando la frequenza aumenta oltre una certa soglia, il collicolo superiore sembra decidere che lo stimolo non è più nuovo o degno di nota e riduce quindi la sua attività, facendolo percepire come continuo».
Gli esperti non hanno dubbi: oltre a chiarire meglio il funzionamento del cervello, questi risultati consentiranno di aprire nuove frontiere nella cura di autismo, ictus e problemi visivi. Insomma, non è soltanto un film.
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