PINOCCHIO
Alla ricerca di un’identità

Ottant’anni fa è diventato un personaggio animato dalla Disney, otto anni fa ha ispirato la versione d’animazione di Enzo D’Alò con le musiche originali di Lucio Dalla.
Resta indimenticabile la miniserie televisiva del 1972 firmata da Luigi Comencini con tra gli interpreti Nino Manfredi, Gina Lollobrigida, Vittorio De Sica, Lionel Stander, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
All’inizio degli anni Sessanta lo portò in scena anche Carmelo Bene, con una versione adattata poi per la televisione e la radio. Nel 2002 gli diede volto e corpo in un film Roberto Benigni, che ne divenne poi il padre nella versione cinematografica dello scorso anno di Matteo Garrone. E la trasposizione televisiva del 2009 con Bob Hoskins, Violante Placido, Luciana Littizzetto e Francesco Pannofino aveva anche qualcosa del territorio varesino, grazie alla regia del gallaratese Alberto Sironi, nato a Gallarate.
Da quando ha fatto la sua prima apparizione a puntate tra il 1881 e il 1882 sul settimanale «Giornale per i bambini», poi completata nel 1883 nel libro per ragazzi uscito a Firenze per la Libreria Editrice Felice Paggi, Pinocchio resta una delle storie più raccontate e trasposte dal punto di vista letterario, cinematografico, teatrale, con comparse anche in altre storie e interpretazioni in saggi importanti.
E il romanzo delle sue avventure, scritto da Carlo Collodi, è il quarto dei libri più tradotti al mondo. Oltre a conoscere edizioni nuove e particolari ogni anno, fino all’audiolibro letto da Paolo Poli: tra le più recenti, Le avventure di Pinocchio illustrate da Filippo Barbacini per una raffinata veste grafica di Nomos Edizioni, ma anche, per Rizzoli, la pubblicazione in cui queste avventure sono dipinte e scritte a mano da Marcello Jori, pittore, scrittore, autore di fumetti, illustratore e designer, e, sempre per la stessa casa editrice, la versione illustrata da Justine Brax e presentata da Benjamin Lacombe, e ancora l’edizione uscita per i Classici dell’Universale Economica Feltrinelli.
«Pinocchio ci piace perché è trasgressivo – sottolinea Antonio Ferrara, uno dei più importanti autori italiani per ragazzi -. Le regole certo che ci devono essere, ma servono perché senza queste non ci sarebbe la trasgressione, senza la quale non c’è neppure ricerca della propria identità».
E la sua «forza», la sua «potenza» come libro pubblicato «in un momento in cui non esisteva una narrativa per ragazzi, che nasce proprio con Pinocchio e con Cuore – prosegue – sta proprio nel fatto che Pinocchio è tutt’altra cosa rispetto agli aspetti volutamente pedagogici, didascalici, di indottrinamento dell’opera di De Amicis, che in questo senso diventa un po’ la negazione della letteratura per ragazzi. Pinocchio è la dimostrazione che se non fai “casino” da bambino, lo farai da grande. Perché l’aggressività va sperimentata e integrata in maniera ludica».
Del resto, lo stesso Ferrara con Pinocchio ha un “feeling”, dimostrato anche in un bellissimo libro pubblicato nel 2009 da Artebambini, Pinocchio Adesso, un racconto di suggestioni che accompagnano le particolari immagini che sono state base di partenza per le parole e che sono opera di Fabrizio Silei, tridimensionali, plasmate nella carta e fotografate.
E che danno il “là” alla storia dei pinocchi che esistono ancora oggi: «Pinocchio oggi sarebbe l’infanzia abusata, sono i diritti dei bambini negati». Non certo una riscrittura del capolavoro collodiano, ma la dimostrazione dell’attualità infinita di un classico, da cui nasce un libro che è albo illustrato, prosa e poesia.
«Il suo essere esterno è proprio questo – conclude Ferrara -: racconta dal punto di vista del ragazzo il piacere della trasgressione, della disubbidienza, anche in maniera crudele. Pinocchio, nella storia, è anche cattivo con Geppetto e Collodi lo dice, pur non dandogli ragione. Perché si cresce trasgredendo, pur facendo attenzione che questo non scappi di mano».
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