STRANEZZE BESTIALI
Quando la realtà zoologica supera la fantasia

L’essere particolari, ossia “fuori dal coro”, porsi in modo insolito, comportarsi in modo singolare, perseguire la stravaganza non è da tutti. Essere “diversi”, nel senso di non omologati, riconoscibili per qualche caratteristica rispetto al gruppo, frequentemente provoca la ricaduta, voluta o meno che sia, di essere additati come estranei, e porta ahimè spesso alla marginalizzazione. Sotto il profilo umano, in queste situazioni, entrano in gioco la cultura, l’intelligenza e la ferma volontà di evitare discriminazioni. Per lo meno, così dovrebbe essere in un mondo ideale. Anche nel mondo animale esistono caratteristiche che appaiono peculiari e tipiche di una specie, o di un gruppo di specie, ma come tali non rappresentano affatto delle stranezze, pur apparendoci come tali, in quanto “divergenti” da un modello che si attesta su quanto noi umani percepiamo come “normale” o “consueto”, spesso non facendo un paragone universalmente valido. E, ahimè, spesso è difficile essere imparziali nel nostro modo di vedere e interpretare il mondo zoologico. Tra gli animali, ad esempio, possiamo imbatterci in maschi che partoriscono. Gli unici a farlo sono le circa 200 specie di pesci ago e cavallucci marini. In questi animali si ha il caso, unico in natura, in cui l’individuo di sesso maschile partorisce. Durante la fase di corteggiamento si forma infatti nel corpo del maschio una tasca, ove la femmina deporrà le uova che poi verranno fecondate. Sarà compito del maschio accudirle fino alla schiusa, quando “darà alla luce” i piccoli cavallucci, completamente formati. In alcune di queste specie di pesci non si tratta di semplice incubazione delle uova, ma i maschi forniscono nutrienti e garantiscono l’ossigenazione agli embrioni, con una vera e propria interazione fisiologica tra padre e figlio. Anche il prendersi cura dei piccoli è una caratteristica che attrae sempre la nostra attenzione: in biologia, tutte le attività che si sono affermate per aumentare il successo di crescita dei giovani prendono il nome di “cure parentali”, e sono uno degli “investimenti” più importanti per alcune specie, per quanto singolari possano sembrare. Una strategia per assicurarsi il massimo successo della propria prole, tipica dei mammiferi, è l’allattamento. Ma in realtà i mammiferi non sono gli unici ad allattare: sebbene non si tratti di vero e proprio latte, sia il maschio che la femmina di fenicottero nutrono i propri piccoli con il cosiddetto “latte di gozzo”. Si tratta di un particolare cibo, energetico, ricco in grassi e proteine, costituito da alimento parzialmente digerito dagli adulti, miscelato a muco prodotto dai tessuti del primo tratto alimentare, che poi viene rigurgitato nella bocca del piccolo. La peculiarità di questo particolare latte è quella di essere colorato di rosso, in quanto ricco di carotenoidi, pigmenti che colorano anche le penne di questi uccelli e che derivano da un particolare gamberetto di cui si alimentano in grande quantità: l’Artemia salina. Un altro tema che ci ha sempre affascinato, come Homo sapiens, è inoltre quello dell’immortalità. Una chimera per noi umani, destinati ad una vita più o meno lunga, ma inesorabilmente a termine. Tra gli animali, invece, troviamo una forma inedita di vita eterna: Turritopsis dohrnii è una piccola medusa di circa 3-5 mm di diametro, che ha un ciclo di vita molto particolare. Invece di morire per sopraggiunti limiti biologici, ringiovanisce e riprende a vivere una nuova vita. Di fatto, ripetendo ciclicamente questa strategia, si assicura l’immortalità. Il segreto di questi animali risiede nella capacità di alcune cellule di regredire sino a uno stadio “primordiale”, dando poi origine a un nuovo esemplare geneticamente identico. Normalmente il ciclo vitale di questa specie prevede che, dopo la fecondazione, dalle uova si sviluppi una forma larvale detta planula, che si àncora sul fondale diventando un polipo, da cui si formano successivamente piccole meduse. Queste meduse possono però invertire il proprio ciclo vitale, adagiandosi sul fondale, facendo regredire le cellule ad uno stadio iniziale di sviluppo dal quale emergono nuovi polipi pronti a dar vita a nuove meduse, all’infinito. Per fortuna, i fenomeni di predazione e le malattie pongono un parziale freno a questo ciclo dell’immortalità, e ci regalano quel pizzico di normale e nota consuetudine zoologica.
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