L’AUTOPSIA
Quindici coltellate: così è morta Teresa
Proseguono le indagini sul delitto di Samarate

«Ho fatto una minchiata, ho ucciso mia moglie»: una telefonata di pochi secondi quella di Vincenzo Gerardi sul numero personale di un amico carabiniere, un appuntato scelto che a sua volta chiamò il maresciallo maggiore. Entrambi erano fuori servizio, entrambi corsero sotto casa dell’uomo. Il corpo di Teresa Stabile era disteso a terra, attorno c’erano i sanitari e i genitori della donna. Vincenzo si era già allontanato, venne bloccato qualche minuto dopo in un’area campestre di via Torino con un pugnale di 18 centimetri in mano.
EPILOGO SCRITTO
È stata depositata nei giorni scorsi l’autopsia sul cadavere della samaratese uccisa lo scorso 16 aprile, a breve quindi il pubblico ministero Ciro Caramore chiederà il giudizio immediato per Gerardi che è in carcere da quella sera. Le cause del decesso sono note, almeno quindici coltellate tre delle quali al cuore. Ciò che emerge a corollario della consulenza medico legale è la prevedibilità di tanta violenza: Teresa in tanti anni di matrimonio aveva già subito percosse. L’uomo era folle di gelosia, anche nei confronti delle amiche, sospettando che con loro avesse relazioni sessuali. Agli inquirenti i figli hanno raccontato episodi rimasti scolpiti nei loro ricordi, per esempio quando papà l’aveva sollevata prendendola per un orecchio o quando, a casa dei nonni materni, la rincorse per picchiarla. Non ci riuscì perché un figlio e il nonno lo bloccarono fisicamente. Arrivarono pure i carabinieri, però Teresa in quell’occasione non volle denunciare.
PADRE PADRONE
Qualcosa tuttavia era cambiato, da circa sei anni marito e moglie vivevano da separati in casa, lui dormiva nella camera matrimoniale, lei sul divano. A dicembre la donna si era trasferita dai genitori e dopo poco si rivolse all’avvocato per chiedere la separazione. A quanto pare Vincenzo non lesinava botte neppure con uno dei due figli, preso più volte «a schiaffi, calci con le scarpe antinfortunistiche, a bastonate sulla schiena», si legge nei verbali. Capitò anche che, per proteggerlo dalla furia paterna, Teresa trascorresse una nottata in macchina con lui, affinché la rabbia di Vincenzo scemasse.
OSSESSIONATO DAL 16
Dalla lettera-testamento lasciata ai ragazzi prima dell’omicidio, quando ancora Vincenzo vaneggiava di togliersi la vita, affiora la premeditazione del gesto: «Ricordatevi il 16, è il giorno in cui è nata la mamma, è il giorno in cui mi ha fatto spedire la lettera dall’avvocato, è il giorno in cui finirà tutto con la morte mia e della mamma», scrisse il 18 marzo. «Se dice di femminicidio», prosegue in un italiano abborracciato, «questa domanda dovete farla a lei, Teresa non ha pensato a cosa andava incontro, le ho sempre detto che l’avrei stesa a terra. La paura di essere lasciato e vedere Teresa con altre persone è più forte di me e per questo andiamo via insieme». Proseguono intanto gli accertamenti investigativi sulle valutazioni svolte dai carabinieri a cui Teresa si era rivolta almeno tre volte per denunciare Gerardi.
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