DA VEDERE
Sylva Galli e la sua grande voglia di diventare pittrice
Alla Pinacoteca Züst di Rancate un’immagine a tutto tondo del suo percorso. Le opere in dialogo con quelle di altre 11 artiste che operarono in Ticino
Sono interni domestici, nudi femminili, paesaggi, nature morte. Un universo intimo e silenzioso, che è paesaggio del cuore che vive in ogni tela di Sylva Galli (1919-43). Originaria di Bioggio, in Ticino, nei soli 23 anni di vita (morì giovanissima a causa di una malattia) non smise mai di lavorare per diventare artista di professione.
Dopo avere frequentato la scuola professionale di disegno presso la Scuola d’Arti e Mestieri di Lugano, per poi trasferirsi a Friborgo dove studiò al Technicum cantonale, a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale e della chiusura delle frontiere fu costretta a tornare a Lugano, per poi spostarsi nuovamente, all’inizio del 1941, nella più aperta e internazionale Zurigo per completare la sua maturazione ed educazione artistica. Ebbe inizio una febbrile produzione, frutto di un continuo lavoro interiore, quasi presagisse di non poter perdere tempo, di dover vivere intensamente ed esprimere i propri sentimenti attraverso le opere che ci ha lasciato. Così scrive il cugino Antonio Galli, in occasione della mostra che la Pinacoteca Zust di Rancatededica a Sylva Galli, ponendo le sue opere in dialogo con quella di altre undici artiste che operarono in Ticino negli anni in cui fu attiva Galli o che in quel periodo avviarono la propria carriera.
L’esposizione si inserisce nel filone delle rassegne dedicate alle donne artiste, tema al quale la Pinacoteca ha sempre riservato un’attenzione particolare. Il percorso della mostra, curata da Mariangela Agliati Ruggia e Giulio Foletti, presenta le principali opere realizzate dalla Galli, restituendo un’immagine a tutto tondo della sua esistenza personale e professionale. La mostra inizia però presentando il contesto in cui operò Sylva Galli, attraverso opere delle poche figure femminili appartenenti alle generazioni precedenti che si dedicarono all’arte non solo per diletto. Solitamente si trattava di donne appartenenti a famiglie di ceti sociali elevati. Raro era per una donna poter frequentare un corso di studi e non abbandonare l’attività pittorica dopo il matrimonio per scegliere la vita familiare, come nel caso di Adelaide Pandiani (1836-1917), figlia del noto scultore Giovanni che, andata in sposa all’ingegnere luganese Clemente Maraini, «sacrificò serenamente l’arte ai suoi dolci doveri, e per nove anni tenne chiuso lo studio per occuparsi soltanto dei suoi bimbi e della sua casa».
Alle due sale dedicate alla Galli segue un focus sulla famiglia Chiesa, in particolare i fratelli Francesco e Pietro, rispettivamente scrittore e pittore, che condividevano e appoggiavano gli interessi delle consorti Corinna Galli (1878-1947) e Germaine Petitpierre (1890-1963), entrambe dedite alla valorizzazione de lavoro femminile.
L’esposizione si conclude con l’approfondimento del periodo storico compreso tra gli anni Trenta e Quaranta, quando in Svizzera si assiste a importanti cambiamenti che porteranno alla valorizzazione del ruolo delle donne artiste: la prima esposizione nazionale elvetica del lavoro femminile nel 1928 (SAFFA – Schweizerische Austellung für Frauenarbeit) e la nascita della sezione ticinese del Lyceum nel 1939 che, fondato da alcune intellettuali, sostenne molto, organizzando mostre, le artiste e artigiane che vi partecipavano potendo così avvalersi di un’importante vetrina per farsi conoscere. A parlare le opere di Regina Conti, Anna Baumann-Kienast, Irma Bernasconi-Pannes, Mariangela Rossi, Anita Nespoli, Irma Giudici Russo, Anita Spinelli, Margherita Osswald-Toppi, Rosetta Leins, Adelaide e Valeria Borsa.
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