LA MOSTRA
Un viaggio tra vedute leggendarie
Oltre 70 quadri straordinari da collezioni pubbliche e private. Da Migliara a Pelizza da Volpedo al Castello di Novara
Quando il paludato John Ford ricevette nel suo ufficio il giovane Spielberg, da poco approdato a Hollywood, gli mostrò tre fotografie di paesaggi distinti da altrettante linee d’orizzonte chiedendo di ognuna una precisa opinione. Spielberg intimorito non rispose, toccò al maestro spiegare le differenze, usando toni non sempre concilianti. Dal momento in cui l’uomo primitivo tracciò sulla parete di una caverna una linea orizzontale decretò la divisione tra due spazi. Quella traccia ha percorso l’intera storia dell’arte. La misura di tale incidenza è visibile in Paesaggi. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pelizza da Volpedo a cura di Elisabetta Chiodini, con il sostegno di METS Percorsi d’Arte, allestita al Castello di Novara.
Strutturata in nove sezioni la mostra si apre affrontando La “Pittura di paese”: dalla veduta al paesaggio. Nel 1807 Eugenio Beauharnais, figliastro di Napoleone viceré d’Italia, commissionò al pittore Marco Gozzi alcune visioni lombarde al fine di acquisire testimonianze non solo riguardanti i paesaggi ma anche informazioni logistiche della regione. Tali raffigurazioni ispireranno altri artisti dando vita a panoramiche della Franciacorta eseguite da Luigi Basiletti e alle romantiche vedute di Giuseppe Bisi che diverrà professore di Paesaggio all’Accademia di Brera. La svolta nella pittura di paesaggio si avrà con l’arrivo a Milano di Massimo d’Azeglio e di Giuseppe Canella. D’Azeglio si impone sulla scena artistica dando accento al “paesaggio istoriato” caratterizzato da ampie vedute studiate dal vero, ma il reale innovatore sarà Canella che animerà i suoi lavori di nuove velature di luce. Un ritorno alle visioni locali nei territori tra Milano, Genova e Torino si verificherà a metà Ottocento con la presenza nel capoluogo lombardo di Julius Lange. Nuove ricerche sul vero vedranno impegnati artisti come Luigi Ashton, Gottardo Vatentini, Gaetano Fasanotti e al loro fianco il genio irregolare del Piccio teso ad andare oltre la convenzionalità raffigurativa dominate. Negli stessi anni crocevia di artisti di tutta Europa rimane l’atelier di Alexandre Calame a Ginevra, famoso per i suoi solenni paesaggi alpini. A rimanere affascinato dalla pittura di Calame fu Antonio Fontanesi. Alcune sue opere sono il fulcro di una sezione a lui dedicata. Tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, la raffigurazione del paesaggio va oltre il rigido impianto scenografico messo in atto sino a quel momento anche grazie all’influenza di due professori di Brera: Gaetano Fasanotti e Luigi Riccardi. Lezione che in seguito vedrà emergere le idee pittoriche di Achille Befani, Eugenio Gignous e Filippo Carcano. Di conseguenza la critica accomunerà con il termine “colorista” la pittura di quegli artisti tesi all’utilizzo dei colori puri, al bilanciato accostamento delle masse in relazione con gli equilibri del chiaro-scuro, affidandosi alle vibrazioni dell’immediatezza visiva. Grazie alle esposizioni all’Accademia di Brera, matura il realismo del paesaggio urbano. Gli sguardi di Giuseppe Canella, Giovanni Magliara, Segantini, Gola, Bazzaro e Bianchi coglieranno le cadenze della vita quotidiana tra lo scorrere del Naviglio e le massaie impegnate nel lavoro di tutti i giorni. L’intimità familiare rappresentata nelle opere di Leonardo Bazzaro, eseguite tra il 1900 e il 1905, a cui è dedicata una intera sezione, hanno come contesto il villino sulla strada che conduce da Gignese al Mottarone dove soggiornava in estate e in alcuni periodi invernali con l’amata moglie Corona Douglas Scotti della Scala di San Giorgio, ritratta nel mirabile dipinto Tra le ortensie. Alla fine dell’Ottocento le imponenti vedute delle Alpi lombarde avevano catturato l’immaginario dell’alta borghesia milanese, diretta conseguenza del turismo di massa e delle arrampicate su parete. Primi esempi si riscontrano in alcune dipinti di Segantini. Si va dalle Prealpi bergamasche per scendere sulle rive dell’Adda sino al laghetto di Sartirana. Il percorso espositivo si chiude con l’avvento del Divisionismo delineato dagli interventi di Carcano, Bazzaro, Giola e il primo Segantini. Di differente tenore la scomposizione della luce concepita da Pelizza da Volpedo dove Sul fienile si oppone all’incedere delle ombre. Lo stile imperioso imposto da Longanesi nell’opera Alta montagna delimita nella segmentata continuità delle vette, i limiti e la misura del tracciato esistente tra lo spazio terreno e quello aereo.
Da Migliara
a Pellizza
da Volpedo al Castello di Novara
Oltre 70 quadri straordinari
da collezioni pubbliche e private
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