VITA VISSUTA
Così parla il rap

Maestro nostrano del rap, nel vero senso della parola, visto che lo insegna: parliamo di Kaso, all’anagrafe Fabio Caso, storico rapper varesino che dal 2007 tiene anche dei laboratori al CFM di Barasso dedicati alla scrittura e alla produzione di una canzone rap.
Quali sono le principali caratteristiche del linguaggio rap?
«Tecnicamente bisogna prestare attenzione al tempo, al ritmo, al gioco metrico, al respiro e alle pause, poi bisogna cercare un proprio stile. Cosa dici e sopratutto come lo dici giocano un ruolo fondamentale. Il timbro della propria voce, le piccole intonazioni e la cadenza delle parole sono componenti importanti. L’hip hop ha fatto della ricerca dell’originalità la propria bandiera e la ricerca può essere infinita».
Ci racconta di più sui corsi?
«Li ho realizzati in molti contesti, sia nelle scuole di musica con l’ausilio di un vero studio di registrazione (come avviene al CFM di Barasso) che in contesti sociali come centri di aggregazione, oratori o con ragazzi che avevano commesso reati. Quest’estate anche nel parco di Vedano Olona con i ragazzi sulle panchine. La musica hip hop è immediata e non necessita di particolari conoscenze musicali pregresse, almeno per iniziare. Il laboratorio parte da un minimo di storia dell’hip hop e poi si realizza insieme una base musicale usando il campionatore, la macchina storica capace di assemblare batteria e suoni sul quale i rappers potranno poi scrivere. Mi piace lavorare come una crew. Il bello è terminare il percorso con una propria canzone».
Come si è sviluppato e com’è cambiato il linguaggio rap dagli inizi a oggi?
«Come tutte le evoluzioni, anche i cambiamenti nel linguaggio rap non sono stati lineari. Rimangono alcune costanti come l’aver fatto proprio l’uso di un lessico colloquiale e quotidiano. L’utilizzo di un linguaggio giovanile e gergale è proprio di questa cultura. Molti artisti rap inventano e utilizzano i propri neologismi e termini in slang, che ripetuti all’infinito diventano un marchio di riconoscimento. Persiste parecchia creatività nell’uso della parola in senso ampio. La maggior differenza la noto soprattutto negli ultimi anni, ascolto molti rapper che non ricercano più l’uso della metafora per raccontare qualcosa ma sono sempre più diretti. L’esplosione del rap fra il grande pubblico ha fatto emergere anche contenuti e storie di persone che arrivavano dai contesti più disparati e questo è sintomo di ricchezza. Tra i più giovani sono emersi, molto più che in passato, temi come il consumo di sostanze o la ricerca spasmodica ad arricchirsi... di certo non sono ipocriti, ma alcune volte li trovo un po’ ripetitivi. Vorrei che mi raccontassero di più e pochi lo sanno fare».
Le principali differenze tra linguaggio estero e italiano?
«Seppur il panorama degli artisti mondiali sia veramente ampio, credo non ci siano enormi differenze, sopratutto oggi. La tendenza è quella della semplificazione, sta succedendo anche nella lingua italiana. Un tempo le rime erano molto più incastrate, fatte di parole intrecciate che creavano spesso testi quasi ermetici. Oggi si ricerca l’immediatezza, un’arma vincente con il rischio di essere banali».
Cosa consiglia a un giovane che vuole avvicinarsi al linguaggio rap?
«Il rap è una tecnica ed in quanto tale va studiata in tutti i suoi piccoli dettagli. Il linguaggio è un modo di esprimersi, ad ogni giovane rapper consiglierei di crearsi un proprio modo di comunicare, che lo rispecchia senza snaturarsi, ricercando la propria originalità».
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