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Una varesina a Gerusalemme: «Scorte di cibo, ma per ora non dormiamo in cantina»
La testimonianza della violoncellista Lucia D’Anna che racconta «i bunker attrezzati e la paura di tutti» per l’escalation del conflitto tra Israele e Palestina
Non si vuole arrendere alla paura, però ha ascoltato la voce di suo suocero, che è stato giornalista, e ha detto che forse è il momento di pensare che la situazione peggiorerà. «Mi sono attaccata a internet e ho comperato delle cose», dice Lucia D’Anna, violoncellista di Varese a Gerusalemme da otto anni e mezzo, la musica come catarsi della guerra e strumento per spegnere l’ansia dei suoi allievi, palestinesi e israeliani, insieme, all’istituto Magnificat.
«HO FATTO SCORTE IN CASO DOVESSIMO RINCHIUDERCI»
Se ai razzi dell’Iran dovesse davvero seguire la “risposta”, se la guerra dovesse acuirsi, se i bunker, meglio le cantine, dovessero diventare l’unico luogo sicuro dove stare, forse l’ansia lascerebbe il posto alla paura. «Ho prenotato su internet piccoli pannelli solari, ho comperato power bank per i cellulari e messo carne nel freezer ma se non avremo elettricità non servirà a nulla - racconta -. Ho comperato dieci chili di riso, tonno in scatola, farina e altri alimenti, confezioni d’acqua e torce, se dovessimo rinchiuderci», racconta la giovane donna e madre che a Gerusalemme vive con il marito e il figlioletto di 4 anni. Dispensa piena, nel caso di un rapido trasferimento in cantina, dove da giorni alcuni suoi colleghi si sono trasferiti, dopo l’attacco ad Israele con i droni da parte dell’Iran.
IL RACCONTO DELL’ATTACCO IRANIANO
«Davamo per scontato che avrebbero colpito Tel Aviv o la parte più israeliana invece tutti i missili erano sulla parte antica di Gerusalemme, sulla città vecchia». «Noi eravamo e siamo spaventati, tutto lo sono. Dal ‘48 l’Iran non attaccava Israele e quanto avvenuto una settimana fa ha fatto molta paura - racconta la violoncellista -. Hanno comunicato che tutte le scuole andavano chiuse, poi abbiamo abbiamo visto la notizia che avrebbero attaccato ma nessuno credeva che i droni sarebbero arrivati sopra la moschea, sopra la Cupola della Roccia».
Verso le 23.30 si è saputo che i droni erano partiti «alle due meno un quarto e fino alle 2 e mezza abbiamo sentiti i botti e tutti, tutti sono impazziti: rispetto ai missili di Gaza, questi erano tre volte tanto».
Una notte di veglia e di ansia. Un‘ansia che è difficile placare anche ora, con il mondo con il fiato sospeso per quanto potrebbe avvenire. Una notte di tragica prova generale se la guerra dovesse acuirsi. «Abbiamo preso nostro figlio e lo abbiamo messo nel punto più protetto della casa, a dormire. Abbiamo controllato che ci fosse una finestra aperta nel caso di esplosioni vicine, ma non ci siamo rifugiati nelle cantine, come molti hanno fatto». Lucia - che ha sia allievi palestinesi sia israeliani - racconta che «alcuni studenti sono andati sul tetto a guardare i razzi e fare festa», altri invece «hanno sofferto molto e lo hanno detto». «Una ragazzina di 11 anni mi ha raccontato che dormiva e la mamma l’ha svegliata per portarla nel bunker: la bimba è rimasta pietrificata, si è messa a piangere, è stata svegliata all’improvviso dalle sirene».
LA VITA A GERUSALEMME
Il clima, a Gerusalemme, è «molto pesante». «Dall’attacco di sabato a lunedì siamo stati murati vivi in casa, con tanta paura, poi la vita riprende normale, per così dire, si torna a scuola e si torna al lavoro, ma nulla qui è più normale - commenta la musicista -. Io per vincere lo stress suono e ho cominciato a scrivere racconti. Con la Pasqua ebraica in arrivo non voglio pensare a una reazione di Israele proprio adesso, con la festività più importante e con la possibilità di contro attacchi, ma fare previsioni, come si fa». In cantina non ha messo materassi, non ha dormito ancora nel bunker di casa. Lucia resiste all’idea della violenza della guerra che cancella la speranza. Per ora.
“Vite sospese”: oggi, sabato 20 aprile, il focus di quattro pagine sulla Prealpina, in edicola e anche in edizione digitale.
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