PROCESSO ALL’EX SUORA
Eva, è guerra di perizie
Divergono le analisi dello psichiatra incaricato dalla Corte d’Appello e quelle redatte da Marina Loi e Monica Scotta

Guerra di perizie in aula. «Io al suo posto mi vergognerei a difendere una persona così, che invitava mia figlia, quando non aveva che 14 anni, a offendere la mamma e le diceva che l’uomo che era in casa con lei non era suo padre».
Al termine di due ore d’udienza in cui è stato sentito in aula il perito psichiatra incaricato dalla prima Corte d’Appello di Milano, la mamma di Eva Sacconago, Giovanna Bozzolini, si è lasciata andare a uno sfogo rabbioso, riversandolo contro l’avvocato Raffaella Servidio, difensore (al pari del collega Fabrizio Busignani) di Maria Angela Farè, l’ex suora della congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Busto Arsizio.
Uno sfogo dovuto dalla tensione accumulata («ma io non ho nulla di cui vergognarmi, anzi rivendico la mia professionalità», le ha replicato l’avvocato Servidio) in un’udienza nel corso della quale il professor Franco Martelli è sembrato offrire un assist alle tesi difensive dell’imputata, escludendo cioè che la parrocchiana di Sant’Edoardo, morta suicida a 27 anni nel giugno del 2011, presentasse «disturbi psichici o di personalità».
«La mia è stata una perizia psichiatrica storica», ha premesso il professionista, che per redigere le 44 pagine del suo elaborato non ha avuto altri elementi se non «gli scritti e le esternazioni scritte» da Eva e da suor Maria Angela.
Per poi chiarire, «a suo parere», sulla base «di criteri dei manuali di diagnostica clinica psichiatrica», che Eva «evidenziava sì tratti di personalità disfunzionali, da cui derivavano evidenti fragilità», ma anche che «questi “tratti” di personalità non sono mai sfociati in un disturbo psichico patologico vero e proprio».
A fronte del suo assunto, il perito ha eretto una sorta di “muro di gomma” a fronte del pressing operato - sotto forma di domande - tanto dal sostituto procuratore generale Maria Vittoria Mazza quanto dell’avvocato di parte civile Tiberio Massironi, che hanno depositato due osservazioni alla perizia, redatte rispettivamente dalle psichiatre Marina Loi e Monica Scotta, giunte a conclusioni esattamente opposte.
Conclusioni secondo cui Eva, alle prese con modalità di «attaccamento non sicuro», «di urgenza di affettività» e «di ansia da separazione» (a scriverlo è stato stesso professor Martelli), soffriva «di un disturbo di personalità non classificabile» ed era dipendente in maniera patologica nella relazione sentimentale intrattenuta con suor Maria Angela nel periodo compreso tra il 2002 (quando la ragazza era poco più che maggiorenne) e il 2010.
Una relazione, nata e sviluppatasi in un contesto religioso (che poi era l’unico conosciuto da Eva, cresciuta in oratorio), capace «di integrare uno stadio di evidente inferiorità psichica» da parte della giovane verso la suora, per altro condannata a tre anni e sei mesi nel processo di primo grado a Busto per un unico episodio di violenza sessuale (avvenuto pochi mesi prima del suicidio) di cui sarebbe stata vittima la ragazza.
Esaurita l’audizione del professor Martelli è stata dichiarata chiusa l’istruttoria dibattimentale. La Corte d’Appello ha rigettato la richiesta della Procura Generale di interrogare in qualità di testimoni don Alessandro Bonura, un giovane sacerdote che conquistò la fiducia e l’affetto di Eva nei mesi precedenti al suicidio, e di un’amica della vittima, Monica Guanzini, e ha aggiornato il processo al prossimo 19 marzo. Per quella data è attesa la sentenza del collegio giudicante presieduto da Rosa Polizzi.
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