TRIBUNALE
Cinghiate alle figlie: «Non rispettano l’Islam»
Maltrattamenti e violenza sessuale: marocchino a giudizio a Varese

Cinghiate e insulti alle figlie perché “colpevoli” di mangiare carne di maiale e di vestirsi come le donne occidentali, non rispettando quindi le regole della loro religione, l’Islam. Non solo: una delle due avrebbe anche subito abusi sessuali. Sono queste le accuse che hanno portato un quarantaseienne marocchino davanti al Tribunale di Varese. Al reato di maltrattamenti in famiglia, quindi, si aggiunge anche quello di violenza sessuale nei confronti di una ragazzina che oggi ha undici anni ma all’epoca dei fatti ne aveva sei. Un’aggravante (quella dell’età della vittima, inferiore ai dieci anni) che, alla luce di recenti modifiche al codice penale (riforma Nordio), rischia di far finire il caso davanti alla Corte d’Assise, quindi davanti a giudici popolari e togati, e con una potenziale condanna molto più severa. La questione è stata sollevata ieri mattina, giovedì 18 settembre, nella prima udienza, dal pubblico ministero Marilina Contaldo; il Tribunale si è riservato di decidere nella prossima udienza, il 30 ottobre.
LA DENUNCIA DELL’EX MOGLIE
A far partire le indagini è stata la denuncia presentata dall’ex moglie dell’imputato. Il quale (difeso dagli avvocati Camilla Paruccini e Antonio Lettieri) respinge le accuse, negando di aver tenuto i comportamenti descritti nel capo di imputazione. Una vicenda che risale al 2020, quando l’immigrato viveva in un paese nel nord della provincia di Varese. I coniugi erano già separati, ed è proprio quando le figlie (rispettivamente di 6 e 11 anni nel periodo “incriminato”) stavano con lui che sarebbero avvenute le molestie nei confronti delle bimba più piccola. Bimba che l’uomo avrebbe toccato nelle parti intime, «con gesti repentini e insidiosi», in presenza della sorella maggiore.
«CINGHIATE E CIABATTATE»
Entrambe le ragazze avrebbero invece subito le «aggressioni verbali e fisiche», le «percosse, ingiurie e umiliazioni» che sono costate all’extracomunitario l’accusa di maltrattamenti. Con la conseguenza di provocare nelle figlie «uno stato di umiliazione, sofferenza e penose condizioni di vita». Perché? «Per motivi religiosi», sostiene l’accusa, in quanto le giovani mangiavano carne di maiale, vietata ai musulmani, e si vestivano senza seguire le regole islamiche, cioè come le loro coetanee italiane. Scelte - di cui, vista l’età delle ragazze, probabilmente la madre era a conoscenza - che il padre avrebbe punito con ingiurie e aggressioni fisiche, picchiandole con la cintura e le ciabatte.
© Riproduzione Riservata