OMICIDIO
Adilma e gli altri a giudizio
Delitto Ravasio, la procura ha chiesto l’immediato. Processo a fine anno. Contestata l’aggravante della premeditazione
Sono passati poco più di tre mesi dal giorno in cui Fabio Ravasio venne ucciso dalla Opel nera lungo la provinciale 149. Vittima della congiura ordita da Adilma Pereira Carneiro, la donna che amava e da cui credeva di aver avuto due gemelli. Lei si dichiara innocente.
Nei giorni scorsi il pubblico ministero Ciro Vittorio Caramore ha chiesto il giudizio immediato per la brasiliana e per i sette complici nell’omicidio del 9 agosto, ossia il figlio Igor Benedito, il genero Fabio Lavezzo, il vero marito (in senso anagrafico) Marcello Trifone, l’amante Massimo Ferretti, l’amico Mirko Piazza, il meccanico Fabio Oliva e il pusher marocchino Mohamed Dhabi.
Indagini lampo quelle dei carabinieri di Legnano e della polizia giudiziaria della procura di Busto e se l’iter prosegue con questo ritmo Adilma e la sua banda potrebbero comparire davanti alla corte d’assise prima di Natale.
VEDOVA NERA
Sulla quarantanovenne nata a San Paolo ci sarebbe da sceneggiare un film: sette figli avuti da uomini diversi, un marito morto in circostanze misteriose (Michele Della Malva), un precedente coniuge ucciso in un agguato in Brasile, la religione animista con riti di magia, la capacità di irretire uomini che definire benestanti sarebbe riduttivo.
L’abilità nell’accumulare il loro denaro e la facilità con cui lo dissipa. I soldi sarebbero il movente del delitto Ravasio, anche se ancora non è chiaro come pensasse di ereditarli. I gemellini sono figli biologici di Trifone, Ravasio li aveva cresciuti e li amava come fossero suoi ma da quando la madre di Fabio scoprì la verità si mise di traverso e interruppe l’erogazione a ciclo continuo di denaro alla nuora.
Adilma credeva forse che eliminando Fabio e facendo valere in sede successoria i documenti falsi dei bambini, si sarebbe assicurata i milioni della famiglia.
PIANO FALLIMENTARE
Il pubblico ministero Caramore contesta a tutti l’aggravante della premeditazione: nel manipolo di assassini improvvisati qualcuno dice che Adilma perseguisse l’omicidio da svariati mesi e che lo ribadisse spesso a chiunque, in stile Patrizia Reggiani Gucci insomma. Ferretti per amor suo aveva chiesto un favore a un amico ultrà milanista, il quale declinò nonostante il compenso promesso.
A fine luglio la brasiliana e i suoi seguaci optò per l’incidente mortale provocato da un’auto pirata. Peccato però che scelse la sua Opel Corsa nera, incidentata da circa due anni e quindi mai più utilizzata. Al meccanico il compito di rimetterla in marcia, al figlio quello di guidarla mettendosi al volante con una parrucca nera dai lunghi capelli e i guanti per non lasciare impronte. Trifone seduto al suo fianco, come i navigatori dei rally.
L’amante avrebbe fatto da regista dell’operazione, gli altri da sentinelle lungo la provinciale che Ravasio tutte le sere percorreva in bicicletta tornando dal lavoro. Ma per quanto la stessa Adilma avesse alterato la targa, sarebbe stato impossibile che i carabinieri non risalissero alla proprietaria. E mentre la quarantanovenne mescolava intrugli per propiziarsi le divinità umbanda, lanciando appelli per trovare il pirata che aveva travolto il compagno, i militari studiavano tutte le combinazioni alfanumeriche dell’immatricolazione della Opel. Tra il 22 e il 26 agosto gli investigatori arrestarono tutti. Il primo a cedere e a rivelare agli inquirenti i retroscena fu il genero. Si era fidanzato con la figlia di Adilma, che lo accolse in casa, solo da qualche settimana eppure è bastato per incamminarsi verso un non così improbabile ergastolo.
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