GIUDITTA PASTA
Bellini per lei scrisse la «Norma»

Insieme a Maria Malibran è considerata la diva lirica dell’Ottocento, capace secondo Francesco Regli «di destare l’applauso con un solo gesto, con un’occhiata».
E il suo legame con la provincia di Varese è ben noto. Giuditta Negri, coniugata Pasta, nasce a Saronno il 26 ottobre 1797 da genitori originari di Lomazzo. Affidata da piccola alla nonna materna a Como, le sue doti musicali sono notate dallo zio Filippo, musicista dilettante e suo primo mentore, che la avvia alle lezioni di canto. Nel 1811 si trasferisce con lo zio a Milano e lì entra in contatto con le istituzioni musicali e teatrali: riceve consigli dal vicecensore del Conservatorio Pietro Rai e dalla ballerina Antonia Pallerini, e soprattutto, tramite la mediazione del contralto Giuseppina Grassi, prende lezioni da Giuseppe Scappa, insegnante di canto al Teatro alla Scala. La scuola di Scappa è frequentata anche da Giuseppe Pasta, avvocato appassionato di lirica, che Giuditta sposerà nel 1816 adottandone da allora il cognome. In quello stesso anno esordisce al Teatro dei Filodrammatici in Lopez de Vega, composta proprio da Scappa. È l’inizio di una carriera strabiliante.
Grazie a un’estensione che va dal La grave al Re sovracuto, Giuditta Pasta può interpretare sia le parti da soprano sia quelle da contralto, adattandosi tanto all’opera settecentesca, in cui anche i personaggi maschili sono spesso affidati a voci sopranili, quanto alla nuova opera romantica, sempre più attenta alle espressività del canto. Giuditta si fa così conoscere a Parigi e Londra, interpretando rappresentazioni di Mozart e Cimarosa.
Torna poi in Italia, dove non solo collabora per la prima volta con Rossini per la Cenerentola a Padova, ma ottiene la propria consacrazione con il grande successo al carnevale veneziano del 1821. Gli anni Venti la vedono protagonista soprattutto sulle scene parigine: Rossini scrive per lei la parte di Desdemona in Otello e nel 1824 quella di Semiramide, confessando di vedere in lei «la vera Semiramide».
Nello stesso anno Stendhal, alle prese con la scrittura della Vita di Rossini, dipinge un ritratto ammirato della Pasta, descrivendo quella «opposizione delle sue due voci», soprano e contralto, come cifra caratteristica dei suoi personaggi.
La seconda parte della sua carriera è nel nome di Vincenzo Bellini, conosciuto nel 1830 a Vienna, dove Francesco I l’aveva nominata prima cantatrice di camera. I due diventano amici e per qualche tempo la cantante pensa anche di far fidanzare il compositore con sua figlia Clelia. Dopo Il pirata, Bellini scrive appositamente per l’amica La sonnambula e Norma, andate in scena al Carcano e alla Scala nel 1831. Si tratta dei due ruoli con cui Giuditta passerà alla storia come la musa belliniana, come dimostra anche la sua partecipazione a Beatrice di Tenda l’anno seguente. Ma fu anche fonte di ispirazione per un altro compositore romantico, Gaetano Donizetti. Il ruolo di Anna Bolena, sempre del 1831, è costruito appunto sulle sue doti vocali. Queste celebri collaborazioni si interruppero verso la metà degli anni Trenta. Rossini aveva ormai smesso di comporre, Bellini era morto prematuramente e Donizetti si rivolgeva al teatro d’opera francese: complici anche le frequenti difficoltà canore, Giuditta Pasta limitò sempre di più l’attività concertistica. Decise così di ritirarsi a Blevio, in provincia di Como, dove i propri sentimenti unitari la resero invisa agli Austriaci e fu persino esiliata nel 1848. Dopo l’Unità d’Italia, ormai vedova, si stabilì con la figlia e i nipoti a Como, dove morì di polmonite il primo aprile 1865. La provincia di Varese non l’ha dimenticata. Nel 1990, in memoria della famosa compaesana, il teatro di Saronno è stato intitolato al nome di Giuditta Pasta.
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