COCKTAIL
Il gin? Mixato con erbe, fiori e radici

Botani... che? I poco esperti probabilmente non sapranno cosa siano i botanicals ma, probabilmente, li usano e li assaggiano ogni settimana. Con questo nome inglese, infatti, sono indicate le erbe, le spezie e le sostanze aromatizzanti inserite a macerare nel gin in seguito alla distillazione, utilizzate appunto per dargli un aroma particolare e unico. Ma, recentemente, il loro uso è stato sdoganato a decine di altri distillati, infusi, bevande.
D’altronde la voglia di un gusto particolare ed esotico giunge a noi fin dall’antichità quando, come viene descritto sui libri di scuola, le civiltà cercavano territori dove “predare” o commerciare per avere le spezie più pregiate, compiendo anche viaggi di mesi e mesi pur di accaparrarsi questo “oro” naturale.
Oggi, invece, fra i botanical più utilizzati ci sono le bacche di ginepro, la liquirizia, il cardamomo, lo zenzero e persino il cetriolo. E, anche in questo utilizzo vi è un ritorno al passato. Già perché una volta proprio gli elementi botanici vegetali erano utilizzati per favorire le funzioni digestive o per proteggere l’organismo dalle malattie infettive.
Oggi i “miscelatori” del 2020 stanno recuperando quella missione, aggiungendo ai propri cocktail fiori, radici ed estratti di piante di ogni tipo. Essendo alcolici, meglio non esagerare. Ma, fin dai nostri nonni, si sa come il cicchettino della staffa serale possa aiutare la digestione di una cena pesante, favorire il sonno oppure “bruciare” eventuali batteri che stanno pericolosamente ristagnando in gola.
Verità o credenza popolare? Ad ogni modo la certezza è che i botanicals sono parecchio di moda. Tanto che, talvolta, al bancone di molti bar e locali, sembra ormai di essere in erboristeria o in un orto di erbe aromatiche. Oltretutto il gin non è l’unico distillato ad arricchirsi con i botanicals. Da secoli, anche per la produzione della grappa, distillato particolarmente amato e consumato nel Nord Italia, si utilizzano piante, bacche e resine per rendere pregevole il risultato finale.
Il botanical più diffuso in assoluto è il ginepro, che è usato in distilleria sotto forma di bacche. Questi semini sono succosi e, con la loro resina, donano al gin il suo caratteristico sapore. Così fondamentale che, senza questo piccolo ingrediente, la legge vieta a qualsiasi distilleria di chiamare il suo distillato gin.
Vi è poi il seme di coriandolo, che conferisce alla bevanda delle citrine, speziate e floreali, e quindi aiutano il distillato ad avere corpo e intensità. Un altro botanical molto apprezzato è la radice di angelica: originaria della Norvegia, quando viene Infusa nel gin, aggiunge a esso una nota terrosa, con sentori di legno secco. Funge inoltre da collegamento fra i vari sapori del gin, tenendoli fermamente insieme grazie alla secchezza che aggiunge al distillato.
Altri ancora? Mirtilli, salvia, fiori di sambuco, pepe nero, cumino, camomilla, uva moscato, pino mugo, pino cembro, menta. Insomma ce n’è da divertirsi anche a casa, inventando nuovi sapori e cocktail. Si trovano botanicals che danno un sapore più amaro, oppure dolce, o tendono a dare una sensazione balsamica al palato. Un’altra tendenza è l’utilizzo degli amari, anch’essi ricchi di spezie: non sono facili da miscelare, ma danno al drink, molto spesso, un valore aggiunto. In poche parole: se si trova il mix giusto, sono una vera e propria bomba.
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