CAMPANE
Nei rintocchi la voce di una comunità

Il Varesotto è terra di campanari. Un recente censimento ha certificato che le campane più antiche risalgono al pieno Seicento, come quella di Castendallo frazione di Montegrino Valtravaglia, anno 1676. Sempre in quel paese risuona un esemplare del 1708, una delle prime fusioni della celebre dinastia Comerio.
Perché appunto, la provincia di Varese è soprattutto terra di costruttori di campane. Un’arte affascinante che ha avuto i suoi esordi nel Medioevo e che in territorio varesino è legata specialmente a un nome: quello dei Bizzozero, originari dell’omonimo paese. La prima campana a firma Carlo Francesco Bizzozero, datata 1737, sembra essere quella di Sant’Antonio a Somma Lombardo, oggi appartenente al concerto del Santuario della Madonna della Ghianda. Il campanaro forgerà altre creazioni in Valtellina e intorno a metà Settecento a Venegono Superiore.
Proprio in quegli anni gli succederanno Giambattista e Giovanni, i primi a marchiare le proprie campane con l’epigrafe della famiglia: «Bizzozeri Uaresiensis Fecerunt», ossia «La costruirono i Bizzozero di Varese». In particolare, a distinguersi fu Giovanni, che operò sia a Varese sia nel Canton Ticino e nel 1792 fuse il proprio capolavoro: il concerto per cinque bronzi in Do centrale per la Collegiata di San Lorenzo a Chiavenna.
Fu probabilmente in questo momento che la fama dei Bizzozero si estese al di fuori del Varesotto, suscitando anche il timore dei concorrenti. Addirittura, nel 1811 alcuni costruttori svizzeri di Locarno minacciarono di morte gli avversari varesini. Erede di Giovanni fu Giuseppe, che nel 1825 forgiò le otto grandi campane in Lab2, il La bemolle sotto il Do centrale, per la Basilica di San Vittore a Varese. Dai più sono considerate le produzioni di maggior pregio dei Bizzozero, ormai in aperta concorrenza con i Comerio di Malnate. Il figlio di Giuseppe, Felice, fu uno dei più stimati campanari del 1800. Dopo le prime fusioni nel Canton Ticino, raggiunse il successo con una serie di concerti da sei bronzi in Si bemolle, tra cui quelli di Castelletto Ticino, Parabiago, Lonate Pozzolo e Magenta, grazie anche alle donazioni del Duca Massimiliano d’Austria. Allargò inoltre il mercato verso la Brianza, destinando un concerto da otto campane in Lab2 alla chiesa di Desio.
Gli affari erano così floridi che tra il 1850 e il 1860 la fonderia Bizzozero dovette aprire una succursale a Milano per soddisfare i propri clienti. Giulio Cesare Bizzozero inizialmente non doveva proseguire l’attività del padre Felice. Dopo aver combattuto nella battaglia di San Martino, durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, nel 1877 rilevò l’azienda familiare e negli anni a seguire divenne una delle personalità politiche più eminenti della città di Varese. Tra i suoi lavori più noti le nove campane per la Basilica di San Giovanni Battista a Busto Arsizio.
Un cliente di eccezione fu San Giovanni Bosco, grazie al quale Giulio Cesare si fece conoscere a Torino e a Roma. Alla sua morte nel 1888 l’attività passò al suo collaboratore Angelo Bianchi, che se pose fine a una dinastia ultracentenaria di sicuro ne continuò con onore la tradizione. Fu soprattutto suo nipote Enrico, all’inizio del XX secolo, a ottenere i prestigi maggiori: oltre a conseguire i primi premi alle Esposizioni internazionali di Milano del 1901 e di Torino nel 1906, Bianchi vendette le proprie campane a Malta e New York e negli anni Trenta aggiunse 5 campane in Do a quelle già presenti nella torre del Bernascone al Sacro Monte di Varese, fuse dai Comerio nel 1791.
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