NATURA
Conosciamo veramente la fotosintesi clorofilliana?
Tutti i fattori da tener presente per sapere a cosa serve il processo chimico

La fotosintesi clorofilliana: le so tutte! Diceva enfatico Fabrizio Fontana in una trasmissione televisiva. In un’altra il comico-cabarettista impersonava Capitan Ventosa, uno strano supereroe che svelava fenomeni apparentemente paranormali. In effetti la fotosintesi clorofilliana ha un nonsoché di paranormale, dato che trasforma materia inorganica in materia organica - si potrebbe dire materia morta in viva - per mezzo dell’energia contenuta nella luce solare. “Ho visto la luce!”, gridava spiritato John Belusci nel film “Blues Brothers” e, pieno di energia, si prodigava in pirolette da saltimbanco, nonostante il fisico tarchiato e corpulento. Ma non voglio certo impelagarmi in una dissertazione sui complessi meccanismi biofisici di cattura della luce solare e della sua trasformazione in energia chimica, voglio semplicemente riportare le impressioni che ho raccolto su quale sia la percezione comune dell’utilità della fotosintesi.
Restando con i piedi per terra, e non sul sole, e ubbidendo al principio che nulla si crea o si distrugge, limitiamoci al solo bilancio di ciò che entra ed esce, ovvero ai soli reagenti e prodotti di reazione, anche perché vista così la fotosintesi clorofilliana risulta piuttosto semplice. Innanzitutto, perché coinvolge tre soli elementi chimici: idrogeno, carbonio e ossigeno, che per altro sono i tre elementi più abbondanti nella materia vivente; ma è anche piuttosto semplice a livello molecolare, dato che coinvolge due soli reagenti, l’acqua e l’anidride carbonica (CO2), trasformati in due soli prodotti, l’ossigeno molecolare e il glucosio, il mattoncino base per la costruzione dei carboidrati.
Mi sono spesso domandato perché di fronte a questa sostanziale semplicità, specie se tralasciamo il bilanciamento del numero di atomi e di molecole necessari, non ci sia una uniforme comprensione dell’importanza della fotosintesi clorofilliana e perché a seconda del periodo storico, o della persona interpellata, si ponga più enfasi su questo o quel reagente e/o prodotto.
Proviamo a prenderli in considerazione uno per uno, partendo dall’acqua. “L’acqua è necessaria per le piante perché è un reagente della fotosintesi”, questa affermazione non è sbagliata, ma la quantità d’acqua consumata nella fotosintesi è veramente irrisoria, se paragonata ai volumi assorbiti dalle radici e traspirati dalle foglie per mantenere tutti i processi vitali dei vegetali. Noi annaffiamo le nostre piante del giardino, dell’orto o dei vasi sul balcone, sostanzialmente per garantire il loro funzionamento generale, ovvero l’idratazione e il turgore delle cellule e il trasporto delle soluzioni attraverso i sistemi conduttori.
Più frequentemente si sente dire che la fotosintesi serve alla produzione di ossigeno e che quindi senza questa noi non potremmo sopravvivere perché non potremmo respirare. Anche questo è vero, ma forse la ragione principale perché la vita sul pianeta deve tutto alla fotosintesi sta sostanzialmente altrove. Estremizzando questa visione, la fotosintesi viene considerata solamente perché in grado di purificare l’aria, quasi le piante fossero efficientissimi “deodoranti ambientali”. Di ossigeno in atmosfera per fortuna ce n’è ancora molto e la sua carenza si avverte solo in alcuni casi, come in ambienti sovraffollati quali le stanze chiuse, i mezzi di trasporto ecc. Pochi poi si soffermano sul fatto che l’ossigeno per le piante è mero sottoprodotto di reazione, praticamente uno scarto.
Nell’attuale momento storico l’emergenza climatica desta sgomento e forti apprensioni. A parte qualche negazionista che non si arrende neppure di fronte alle evidenze, tutti discutono delle possibili soluzioni, ed ecco che la fotosintesi è sempre più vista come strumento per ridurre l’eccesso di CO2 in atmosfera, per via dell’effetto serra che produce. Per questo in molti oggi perorano la causa di piantare alberi dappertutto, dimenticando che gli scienziati già da tempo hanno evidenziato che le “povere” piante non riusciranno mai a controbilanciare le attuali emissioni dovute ai combustibili fossili, che comunque sono sempre in aumento, nonostante tanti buoni propositi.
Ma, per assurdo, noi con tutti gli animali e tutti gli ecosistemi potremmo mai sopravvivere in un pianeta in cui tutto il carbonio si trova completamente immagazzinato nelle piante e nella vegetazione? Decisamente no! Dimentichiamo infatti quasi sempre una funzione fondamentale della fotosintesi e cioè che produce carboidrati, e che da questi deriva in pratica ogni altra molecola della vita. Forse perché i carboidrati ci rimandano con il pensiero a cibo di bassa qualità che fa solo ingrassare e che quindi nelle nostre diete vanno limitati o evitati, preferendo loro le più nobili proteine.
Ma i carboidrati prodotti dalla fotosintesi sono alla base dell’alimentazione umana, degli animali e di ogni altro organismo non in grado di rendere organico il carbonio; solo le piante possono farlo ponendosi alla base di quasi tutti gli ecosistemi e garantendo la vita sul pianeta a tutti!
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