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Artusi, unificare l’Italia a tavola

Divisi sul tifo calcistico quando non riguarda la Nazionale ma le squadre del cuore che si incontrano sul campo. Divisi da campanilismi più o meno accentuati e “storici” a seconda delle regioni, delle province, financo dei comuni. Ma uniti quando si parla della “nostra” cucina.
E a tavola l’Italia è stata unificata da un personaggio che è considerato il padre della moderna cucina italiana, definito da più parti “il Manzoni della lingua gastronomica italiana”, e di cui ricorre quest’anno il bicentenario della nascita, avvenuta a Forlimpopoli, in Romagna, il 4 agosto del 1820: Pellegrino Artusi.
Nato in una famiglia di mercanti di stoffe e broccati, trasferitosi nel 1851 a seguito dell’irruzione a casa sua di una banda di briganti che rubò denaro e oggetti preziosi, Artusi non era un laureato, ma proprio a Firenze non perdeva una lezione universitaria, con grande attenzione per quelle di Paolo Mantegazza, docente di fisiologia al quale nel 1891 donò la prima edizione del suo La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, del quale il professore parlò in maniera entusiasta nelle sue conferenze. Il libro vide in vent’anni, fino alla morte di Pellegrino Artusi, quindici edizioni, ciascuna con aggiunta di ricette, anche suggerite dal pubblico che chiedeva anche consigli, quasi fosse un manuale interattivo, e correzioni. E alla morte del suo autore le copie vendute erano oltre 450mila, un numero altissimo. Con quel libro Artusi insegnava a cucinare, dopo “manuali” che sembravano più mostrare quanto bravo fosse il cuoco che non fornire consigli utili e pratici.
Igiene, economicità e buon gusto: Pellegrino Artusi tratta la cucina come una scienza, che ha procedure ben codificate, dosi, tempi, rende il suo libro utilizzabile. Vuole insegnare a cucinare dando suggerimenti. E con una buona dose di ironia, unendo alle ricette aneddoti e coniando anche termini che per la maggior parte non sono più in uso, ma che almeno in un caso sono rimasti: è lui che dà questo nome al baccalà mantecato.
Uno spartiacque, insomma, nella cultura gastronomica italiana dell’epoca, la valorizzazione delle tradizioni della cucina italiana e domestica, della cui idea, come ha sottolineato Massimo Montanari, dell’Università di Bologna in una passata intervista, Artusi è un maestro. Del quale Montanari ha parato recentemente anche in una puntata di Maestri su Rai 3, in cui veniva sottolineato come a tavola l’Italia sia stata unificata proprio dall’Artusi, il cui libro non è solo un libro di cucina, ma un vero e proprio progetto che dà un contributo alla crescita civile del nostro Paese, alla costruzione di una cultura condivisa.
Svelando come con lui entrino una serie di innovazioni e come molti emigranti scegliessero proprio il suo libro da portare con loro come memoria, ritrovandoci la loro cultura territoriale.
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