A TEATRO
Daniele Mencarelli: «La felicità è militanza nella realtà»
L’appuntamento con lo scrittore è martedì 11 marzo al teatro di piazza della Repubblica a Varese

«In questi anni in cui ho fatto tanti incontri, sia con ragazzi, sia con adulti, si è creata in me la percezione, la visione che l’uomo contemporaneo ha, della valore della felicità, un concetto, un’idea che spesso rischia di produrre il contrario, cioè l’infelicità. Perché rispetto a questo valore transitorio, caduco, fatto di momenti, si è costruito ad arte per noi uno scenario molto statico, come se fosse un luogo da raggiungere una volta per tutte, come un’isola dove tu arrivi, pianti una bandiera e tutti vissero felici e contenti. Mentre la felicità è militanza dentro la realtà, è prendere dalla realtà momenti che restituiscono a noi il nostro benessere. Se pensiamo che possa esistere una felicità statica, definitiva, rischiamo di essere produttori dell’esatto contrario».
Daniele Mencarelli, scrittore, vincitore nel 2020 del Premio Strega Giovani con Tutto chiede salvezza, da cui sono state tratte due stagioni fiction, sceneggiatore anche di teatro, parlerà di felicità, ospite martedì 11 marzo al teatro di Varese con Comunità educante. E ne parlerà alle 10 con ragazzi e ragazze delle scuole superiori e la sera alle 21 con gli adulti, genitori, insegnanti, educatori. Partendo dalla domanda che dà il titolo agli incontri: «È possibile essere felici oggi?». Per farlo, Mencarelli partirà, in qualche modo, anche dalla “critica” del termine felicità come la si intende generalmente, come, appunto, situazione da raggiungere nella convinzione che poi sia mantenuta per sempre. Mentre l’idea che sarà sviluppata nell’incontro sarà piuttosto quella di «proporre ai ragazzi che la felicità, come ogni altro stato d’animo, è un obiettivo dell’essere umano che va fatto attraverso il cammino, il movimento, con la consapevolezza che quell’instante può essere trattenuto, ma che poi rischia di passare come tante altre cose nella vita – prosegue Mencarelli -. L’idea di una felicità al participio passato può essere molto pericolosa. Dobbiamo vivere il momento, e in ogni momento godere degli attimi di felicità e del nostro benessere sapendo che siamo noi costruttori di quello che verrà dopo. E se ci fermiamo, convinti di aver raggiunto la felicità una volta per sempre, ci sfuggirà di mano».
E se gli si chiede se lui è felice, la risposta segue il filo del discorso. «Io sono felice per come io concepisco la felicità, che è fatta di momenti, di lampi – risponde Mencarelli -. Essere felici non significa non vivere anche l’infelicità. Io vivo momenti di grandissima felicità e benessere alternati a momenti in cui questa condizione meravigliosa cede il passo anche al suo contrario».
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