SUL PALCO
Darwin, Nevada: racconto di frontiere, spostamenti e migrazioni
Marco Paolini torna a occuparsi di una figura cardine del pensiero moderno. Fino al 16 febbraio al Piccolo Teatro Strehler di Milano

Le narrazioni di Marco Paolini si uniscono alle immagini e alle visioni del teatro di Matthew Lenton: e insieme creano Darwin, Nevada, in prima assoluta fino al 16 febbraio al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Intrecciando le esistenze di cinque personaggi in un racconto di frontiere, spostamenti e migrazioni, di frammenti di storia della scienza, di conflitti e cambiamenti in corso sullo sfondo di una sperduta ghost town americana che porta il nome di Darwin, di cui si seguono le tracce. E dando vita a una storia del presente, di cui @Masiar Pasquali è il carburante, i personaggi sono il motore e i paesaggi sono il telaio e la carrozzeria.
Il progetto nasce dalla voglia di parlare in uno spettacolo di Darwin, di cui Paolini, come scrive nel programma di sala, ha innanzitutto discusso con Telmo Pievani, con cui è andato a cercare sia James Moore, tra i maggiori studiosi della vita e dell’opera di Darwin, sia Niles Eldredge, il paleontologo statunitense che, insieme a Stephen Jay Gould, ebbe la possibilità di visionare per primo i celebri taccuini dello scienziato e di approfondirne la personalità. «Temendo che una biografia di Charles Darwin avrebbe coinvolto e interessato soltanto persone già informate – proseguono le note di Paolini –, siamo andati in cerca di un possibile modo di raccontare tutto questo adattandolo a un contesto contemporaneo. Siamo partiti da un pretesto: il furto dei taccuini di Darwin, avvenuto 25 anni fa all’Università di Cambridge e misteriosamente conclusosi con la loro restituzione, circa vent’anni dopo».
La narrazione, pur su una storia inventata, raccorda due elementi di cronaca: quello del furto dei diari e un’edizione dell’annuale Burnin Man Festival in Nevada, in cui decine di migliaia di persone, in maggioranza giovani, che provengono da varie parti degli Stati Uniti, per un periodo di tempo limitato scelgono di vivere insieme creando una comunità ideale. Nello spettacolo, come sottolinea il direttore del Piccolo Teatro, Claudio Longhi, convivono «la prodiga capacità affabulatoria di Paolini, la sua perizia artigianale nel plasmare un racconto contagioso, in cui la parola vortica e danza liberamente, e il lavoro del regista britannico Matthew Lenton, di rara suggestione visiva, dal registro onirico, in bilico tra drammatico e post-drammatico». Con una miscela di immagini che conducono lungo i sentieri della scienza e nei labirinti della mente, con una narrazione che, conclude Longhi, «illumina nodali criticità del nostro presente, relative in particolare alla crisi climatica e al rapporto tra conoscenza e informazione».
© Riproduzione Riservata