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Attenti alle fake news

Dal fratello di Laura Boldrini, assunto a Palazzo Chigi a 8000 euro al mese alle code ai Caf della Puglia per avere il reddito di cittadinanza, nel giorno successivo alle ultime elezioni Politiche. E poi Juncker considerato «ubriacone» per la sua camminata difficoltosa a causa, invece, di un’infiammazione cronica al nervo sciatico. Infine, i tifosi del Napoli, accolti allo stadio di Bergamo da un mucchio di immondizia e dallo striscione «Così vi sentite a casa vostra».
Tutto falso. Fake news. Notizie false o inventate, ma presentate come vere e che, in qualcuno alimentano un sorriso, in altri sdegno. Ma, in moltissimi casi, odio e disseminazione sul web di un falso, che alimenta rancore in chi fatica a discernere fra verità e bufala.
Per cercare di mettere ordine nell’universo del fake che viaggia in Rete, il sociologo lombardo Andrea Fontana, premio Curcio alla cultura 2015, ne parla nel suo nuovo libro «Fake news: sicuri che sia falso?» edito da Hoepli.
Al centro del volume ci sono, com’è chiaro, le Fake news che, per Fontana, «sono state tradotte nel dibattito italiano in un modo non funzionale, perché fake non significa falso, ma inventato. Le fake news, poi, possono essere sbagliate, strumentalizzate o ostili ed è una suddivisione importante perché ci consente di capire come affrontare il fake».
Ma la vera questione è «come condividiamo e costruiamo le nostre conoscenze. Perché spesso questo processo viene eseguito con modalità soggettive, diventando addirittura patrimonio comune. Dalla soggettività alla manipolazione il passo è breve: e, un conto, è farlo per diletto, un altro è per attraccare reputazioni aziendali e personali, dove si possano creare gravi danni».
In particolare, le notizie fake più pericolose, riguardano il campo «economico, alimentare, medico e politico.
In quest’ultimo ambito – aggiunge lo scrittore - è un po’ colpa anche del giornalismo main stream, che veicola tutto quanto dicono i politici. Anche se un giornalista funge da filtro, si creano più verità percepite come oggettive che, ugualmente, possono convivere. A quel punto la sfida è andare a vedere qual è di queste verità è meno vera. Tradotto: si crea una grande confusione e, alla fine, si decide quale interpretazione seguire in base a una polarizzazione emotiva. Non si ragiona più e il dibattito diventa solo fra pro o contro, fra bianco e nero quando, invece, su ogni argomento ci sono molte sfumature diverse».
Secondo Fontana, una buona fetta di responsabilità è dovuta anche alla comunicazione istituzionale.
«In questi anni – dice ancora l’autore – essa è rimasta molto focalizzata su se stessa e, spesso, su svariati temi non ha saputo gestire le critiche sociali. A quel punto è ovvio che, poi, il malcontento e il disagio montano e si focalizzano su canali non razionali».
E sarà sempre peggio...
«Temo che, a breve, non saremo più in grado di distinguere nessun tipo di informazione e sarà sempre più difficile dimostrare la falsità di una tesi perché, già oggi, più si tenta di smontare una falsità, come avviene sui vaccini, e più questa convinzione sbagliata si rafforza. Alla fine chi sarà più forte, emozionante e aderente alle convinzioni nel comunicare, vincerà la battaglia».
E se vincesse la versione fake, saranno guai.
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