IL PATTEGGIAMENTO
Maxi frode: imprenditore varesino paga 4,2 milioni allo Stato
Una volta saldato il debito tributario, il 56enne ha potuto patteggiare ed è stato condannato a un anno e mezzo (con sospensione condizionale)

False fatturazioni. Iva evasa per 3,5 milioni tra il 2017 e il 2020. Un imprenditore varesino di 56 anni, dopo l’indagine della guardia di finanza e la denuncia all’Autorità Giudiziaria per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e per emissione di fatture false, era stato rinviato a giudizio. La sua successiva richiesta di patteggiamento era stata resa possibile dopo il versamento allo Stato 4,2 milioni di euro. L’imprenditore, una volta saldato il debito, ha dunque patteggiato (godendo del relativo sconto di pena) ed è stato condannato a un anno e sei mesi con sospensione condizionale della pena.
LE VERIFICHE
Tutto è partito da due verifiche fiscali condotte dalla Guardia di Finanza di Varese nei confronti di altrettante aziende facenti parte di un gruppo societario, leader in Lombardia ed Emilia Romagna nella commercializzazione di materiale elettrico, riconducibile all’imprenditore varesino di 56 anni, legale rappresentante di entrambe le imprese. Una frode fiscale quella scoperta dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, che ha consentito all’uomo, attraverso il ricorso ad un vasto giro di false fatturazioni realizzate con la compiacenza di altre imprese nazionali e comunitarie, di evadere oltre 3,5 milioni di euro di I.V.A. tra il 2017 ed il 2020.
IL RINVIO A GIUDIZIO
Denunciato all’Autorità Giudiziaria per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e per emissione di fatture false, l’imprenditore, grazie al solido quadro indiziario ricostruito nel corso delle verifiche fiscali, si è visto successivamente recapitare dalla locale Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate, cui il verbale delle Fiamme Gialle era stato inviato, il conseguente avviso di accertamento, comprensivo, oltreché dell’ingente imposta frodata, anche delle relative sanzioni amministrative e degli interessi dovuti. Rinviato a giudizio per i delitti contestati, all’imputato, intenzionato a richiedere il patteggiamento in sede penale, per godere dello sconto di pena che il rito prevede non è rimasto, quindi, che definire l’accertamento con adesione, versando allo Stato la somma complessiva di 4,2 milioni di euro.
LA CONDIZIONE
Infatti, condizione indispensabile per ottenere l’applicazione della pena su richiesta, prevista dall’art. 444 c.p.p. (cd. patteggiamento), è l’integrale pagamento del debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, con la possibilità così di avvantaggiarsi di un’ulteriore diminuzione della pena (art. 13bis del D.Lgs. 74/2000).
LA CONDANNA
Il Giudice per l’udienza preliminare, pertanto, rilevando l’assenza dei presupposti per una sentenza di proscioglimento dell’imputato e constatando l’intervenuto pagamento integrale del debito tributario, previo consenso prestato dal pubblico ministero, ha sentenziato per l’imprenditore l’applicazione della pena di un anno e sei mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della stessa. La sentenza è in seguito divenuta irrevocabile.
© Riproduzione Riservata