IL PROVVEDIMENTO
«Indizi fragili». Ecco perché il Riesame ha scarcerato Massè
Indagato con l’accusa di aver ucciso, in concorso con Adilma Pereira, la “Mantide di Parabiago”, Michele Della Malva, marito della donna

Parla di «assoluta fragilità e inadeguatezza del quadro indiziario tratteggiato» il Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni dell’ordinanza con cui, a fine febbraio, ha scarcerato Maurizio Massè, 59 anni, che era stato fermato un paio di settimane prima dai carabinieri, nelle indagini della Procura di Busto Arsizio, con l’accusa di aver ucciso, in concorso con Adilma Pereira Carneiro, la cosiddetta "Mantide di Parabiago", Michele Della Malva, marito della donna, morto nel dicembre del 2011 a Mesero, nel Milanese.
La donna di origini brasiliane è già a processo, con presunti complici tra parenti ed ex amanti, con l’accusa di aver assassinato, lo scorso 9 agosto, Fabio Ravasio, suo compagno, a Parabiago, simulando un incidente stradale.
Nelle 14 pagine del provvedimento i giudici Galli-Nosenzo-Morra smontano punto su punto, accogliendo il ricorso degli avvocati Ivano Chiesa e Cristina Morrone, la ricostruzione dei pm, che aveva portato all’ordinanza di custodia in carcere del gip di Busto Arsizio. Per i giudici, tra l'altro, Massè, ex cognato di Della Malva, «non era un nemico» del marito di Adilma Pereira Carneiro e non aveva "particolari ragioni per ucciderlo". Anzi Della Malva di lui «si fidava» e pure la «ritenuta relazione tra Massè e Pereira», tra l’altro «negata da entrambi», non sarebbe stata «certamente una ragione per commettere l’omicidio».
Della Malva, secondo marito di Adilma, morì per avvelenamento da cocaina nel 2011 nella sua villa di Mesero, dove la coppia viveva. Per l’accusa, Massè sarebbe riuscito a far ingerire a forza a Della Malva - in permesso premio nella villa mentre scontava una condanna per due omicidi - un involucro con cocaina, uccidendolo. All’epoca la morte era stata archiviata come intossicazione. Il Riesame ora spazza via la tesi della Procura.
Secondo i giudici, non valgono le «supposizioni e presunte confidenze raccolte dagli inquirenti» ed è mancato nelle indagini «qualsiasi approfondimento sulle modalità concrete attraverso le quali l’omicidio di Della Malva sarebbe stato commesso». L’ipotesi dei pm, tra l’altro, viene smentita «dall’unico atto investigativo effettivamente compiuto all’epoca», ossia l’autopsia con gli esami tossicologici. Per i giudici, il fatto che Della Malva sia stato ucciso è una «mera congettura».
La difesa, anche in udienza, aveva fatto notare che per Massè sarebbe stato impossibile materialmente costringere Della Malva a ingerire quella droga. E questo argomento è stato ripreso anche dal Riesame.
Nel frattempo, l’inchiesta per competenza territoriale era passata da Busto Arsizio a Milano e il pm Andrea Zanoncelli aveva rinnovato la richiesta di custodia cautelare in carcere per Massè. Un’istanza su cui avrebbe dovuto decidere la gip Fiammetta Modica, ma su cui ora ovviamente pesa la decisione del Riesame che ha cancellato le accuse, con tanto di motivazioni da poco depositate.
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