IL 19 SETTEMBRE 1995
La cattura di Unabomber (II parte)
In 17 anni aveva spedito 16 bombe. Mai un errore, fino alla pubblicazione del “Manifesto”

Leggendo il “Manifesto” di Unabomber – il terrorista più ricercato d’America, responsabile di 16 bombe, 3 morti e 26 feriti in 17 anni – pubblicato dal «New York Times» e dal «Washington Post» il 19 settembre 1995, David Kaczynski rimase sbigottito.
Dal linguaggio e dalle invettive contro il “sistema tecnologico e industriale” sembrava proprio che l’autore fosse suo fratello Ted. Eppure lo reputava impossibile: non lo sentiva da anni ma “Ted è un genio”, diceva David alla moglie Linda. Aveva ragione e torto. Theodore “Ted” Kaczynski, nato a Chicago nel 1942 da immigrati polacchi, aveva un Quoziente Intellettivo di 167, come quello di Einstein. Immatricolato a Harvard a 16 anni, laureato a 20 e Assistant professor a Berkeley, in California, a soli 25 anni.
Un genio della matematica: negli Stati Uniti forse solo dieci persone potevano capire e apprezzare la sua tesi di dottorato. Socialmente, però, un disastro: introverso e asociale, bullizzato dai compagni, si era isolato sempre più. Inoltre, aveva partecipato a un controverso progetto dello psicologo Henry Murray: collegato a elettrodi per 200 ore, aveva subito un devastante attacco a base di insulti intellettuali e offese personali. E forse ne era uscito ancor più provato, mentalmente ed emotivamente.
Così, nel 1969 si era licenziato senza spiegazioni e si era comprato una baracca nei boschi del Montana: 11 mq, senza elettricità, acqua corrente e solo una stufa per scaldarsi. Sugli scaffali però molti libri di chimica e di filosofia politica. Voleva – disse poi in un’intervista – “la libertà fisica, scappare dalla realtà e dalla civiltà”.
Un eremita: vagava solo nelle foreste indossando vestiti sudici, strappati e logori. Per sopravvivere si nutriva di bacche, conigli, scoiattoli e agricoltura biologica.
Una vita primitiva perfetta per le sue idee: il progresso tecnologico e il sistema industriale erano le cause dell’infelicità e rendevano l’uomo schiavo. Eppure, non un paladino dell’ambiente: “le mie motivazioni non sono altruistiche: non mi piace vivere in questo dannato sistema”, sostenne anni dopo.
E, sempre più arrabbiato col mondo, organizzò la sua vendetta: distruggere il sistema tecno-industriale, “non per qualche principio umanitario, ma perché odio viverci”. Dal 1978 grazie ai libri di chimica cominciò a costruire e spedire bombe ai “rappresentanti del sistema” e del progresso: professori universitari, dirigenti di linee aeree.
Un fantasma, e l’Fbi era impazzita: in 17 anni e 16 bombe mai un’impronta o un frammento di Dna. Mai un errore, fino alla pubblicazione del “Manifesto”. Perché la sua vittoria – far conoscere al mondo le sue idee – segnò anche la sua fine.
David Kaczynski infatti lo riconobbe per le sue tesi “rivoluzionarie”. Ma non solo: nel “Manifesto” Unabomber citava il proverbio americano “non puoi mangiare la torta se la metti da parte”. Proprio come ripeteva sempre la loro madre che, però, sbagliava perché il detto è “non puoi mettere da parte la torta se la mangi”.
Bastò quell’errore: David si convinse e contattò l’Fbi “con la morte nel cuore”. Qualche mese dopo, il 3 aprile 1996, intorno a mezzogiorno tre agenti dell’Fbi bussarono al capanno. Ted aprì, si trovò una pistola puntata alla tempia e si arrese. Al processo pur di non passare per pazzo si dichiarò colpevole.
La sentenza, ovvia: ergastolo. È morto probabilmente suicida a 81 anni, il 10 giugno 2023, nella sua cella del carcere di Butner, in Nord Carolina. Caso chiuso, ma la storia non finisce qui.
Da anni infatti Unabomber è oggetto di studi: killer o rivoluzionario? Combattente per la libertà o terrorista? Senza dubbio i problemi che denunciava erano reali, e sono tutt’ora irrisolti. Purtroppo però anche il suo metodo è stato emulato: nel 2016 – per citare un solo anno – si sono verificati negli Stati Uniti ben 969 episodi di “terrorismo” con uso di esplosivo. Così, Unabomber è diventato un’icona pop, e schiere di ragazzi indossano felpe e magliette con il suo identikit stampato. E su questo bisognerebbe seriamente ragionare.
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