LA COPERTINA
Roberto Bolle e la sua missione

Non si ferma mai. Vola da un successo all’altro, da una sfida all’altra con un entusiasmo e una disciplina che potrebbero sembrare aliene. In realtà Roberto Bolle, primo ballerino al mondo a essere contemporaneamente Étoile del Teatro della Scala di Milano e Principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York, è più vicino a noi di quanto possiamo immaginare.
Ai primi di gennaio l’abbiamo vista in televisione in Danza con Me affiancato da tantissime star. Si prenderà una meritata vacanza?
«Dopo questa altra splendida avventura di Danza con Me che ci ha regalato ancora una volta una soddisfazione immensa non c’è molto tempo per le vacanze… Entro fine gennaio partirà su Tim Vision un altro progetto importante: delle Masterclass di danza che ho organizzato con OnDance. E qui per la prima volta mi vedrete nel ruolo di insegnante. Poi voglio portare un po’ in giro il mio nuovo libro Parole che Danzano, che mi sta dando grandissime soddisfazioni, Infine in attesa che riaprano i teatri, stiamo lavorando a nuovi progetti. L’obiettivo, o meglio la missione, è sempre la stessa: portare la danza al maggior numero possibile di persone, farla conoscere, farla amare».
A 5 anni ballava davanti alla televisione, a 45 cosa direbbe a quel bambino?
«Che i sogni possono davvero portare lontano. Non bisogna mai smettere di sognare e di lottare per realizzarli».
Cos’è per lei la danza? E come entra nella sua vita anche quando non è sul palcoscenico?
«La danza è una forma mentis. È un modo di leggere la vita, il mondo che ti circonda. È una spinta a cercare ovunque la bellezza, è la convinzione che continuando a provare si migliora, che la perfezione non è raggiungibile, ma vivere per inseguirla può dare grandi soddisfazioni, personali e professionali».
Con i suoi show in televisione mostra a un pubblico vastissimo cos’è la danza. Regala emozioni e, perché no, forse fa scattare la passione in qualche piccolo “Bolle in erba”. Sente di avere come missione quella di far diventare la danza pop?
«Si è sempre stato così. Il mio concetto di danza non è mai stato individuale. Ho sempre visto la danza come un’arte da condividere, collettiva e universale. Oggi sento forte la responsabilità di questa missione e anche di essere diventato un esempio per molti giovani, ballerini e non».
Alla Prima della Scala ha duettato con un laser coreografato da Max Volpini su una composizione originale di Boosta dei Subsonica. Ci racconta com’è stato?
«Waves è un bell’esempio di come concepiamo la danza. Come un’arte aperta che sa misurarsi con la modernità, con le altri arti con i generi. Con Davide (Boosta n.d.r.) abbiamo sviluppato un progetto bellissimo dove la musica segue la danza e la danza segue la musica, con una creazione biunivoca molto interessante. Sperimentare è linfa vitale».
Con gli ultimi spettacoli è ormai palese che ama mixare le arti e osare. Come è nata questa idea e dove la porterà?
«Ho sempre creduto che un certo tipo di concezione “vecchia” della danza che la voleva arte di nicchia per pochi eletti, fosse una condanna a morte. Io non credo che, tenendo alto il livello, mescolare la danza con altri generi e arti possa sporcarla, anzi. Non so dove mi porterà, ma mi piace pensare che non si è mai arrivati che ci sia sempre qualcosa da provare, da creare».
È riuscito anche a riportare Vasco Rossi in televisione, come ha fatto a convincerlo?
«L’ho invitato e lui incredibilmente mi ha detto di sì. E ci ha fatto un regalo bellissimo: la sua nuova canzone Una canzone buttata via su cui ho danzato con Virna Toppi, Agnese Di Clemente e Gioacchino Starace a rappresentare l’amore in tutte le sue forme. Un abbraccio universale sulle note di una ballata emozionante, travolgente. Il rock e la danza classica hanno molto più in comune di quanto non si possa immaginare».
Recentemente l’abbiamo vista anche interpretare la moda. Che rapporto ha con gli abiti?
«Il mondo della moda mi affascina da sempre. Nella vita di tutti i giorni preferisco la praticità e la comodità all’estro modaiolo. Per me ciò che fa la differenza è la qualità dei tessuti e il piacere che mi dà portare determinati capi. Poi la moda è un mondo affascinante che come la danza crea bellezza. Per questo mi piace seguirlo».
Un fisico che ha scolpito per raggiungere il suo sogno. Quali sono state le rinunce alimentari e a cosa ogni tanto cede?
«Non le chiamerei proprio rinunce. Ho una profonda consapevolezza di quello che fa bene al mio fisico e di quello che gli è nocivo e le scelte alimentari vengono di conseguenza. Noi ballerini abbiamo un rapporto di profonda conoscenza del nostro corpo, “sentiamo” subito quello che ci fa male. Non fumo, bevo alcolici solo in alcune occasioni e con moderazione, non amo la carne. Adoro il cioccolato fondente, anzi “fondentissimo” e non ci rinuncio».
Nel suo libro Parole che danzano ripercorre la sua favolosa carriera e la vita personale in un alfabeto che rimanda a parole per lei molto significative. Se dovesse sceglierne tre, quali sarebbero?
«Danza, sacrificio e arte. Ma tutte le parole di questo libro sono importanti per me, le ho scelte appositamente».
Alla lettera D del suo personale vocabolario colpisce la parola disordine che non sembra corrispondere all’idea di ballerino disciplinato.
«Sorprende tutti in effetti, eppure è così: sono un disordinato cronico».
Com’è il suo rapporto con i social? Come e con quale musica sarebbe un suo balletto per Tik Tok?
«Amo i social nella misura in cui creano un rapporto più diretto con il pubblico, ma non amo condividere in questo modo la mia vita privata. Tik Tok non lo frequento, potrebbe essere un buon proposito per il 2021».
Ad aprile 2022 avrà l’età per andare in pensione. Si è mai fermato a pensare a come sarà la sua vita lontano dal palcoscenico?
«Per ora no. Non andrò in pensione perché sono l’equivalente di un libero professionista per cui smetterò quando sentirò che è la cosa giusta da fare. La mia vita sarà comunque sempre dedicata alla danza, capiremo in che forma».
È mai venuto a Varese? Conosce la nostra zona?
«Pare incredibile ma è vero: non sono mai stato a Varese e anche la zona circostante la conosco poco. Può essere un buon proposito per il nuovo anno quello di conoscere alcuni luoghi che non ho mai avuto occasione di visitare prima».
Stiamo vivendo un momento storico difficilissimo e la sua forza di volontà può essere da stimolo per tanti giovani. Si sente di dire qualcosa ai nostri lettori all’inizio di un anno ancora molto complicato?
«Non posso che dire a loro quello che mi dico tutti i giorni. Non dobbiamo mollare, perdere la speranza e soprattutto perdere la consapevolezza della nostra umanità. Questa distanza e questa paura non devono allontanarci come persone. Il rischio è molto alto e più passa il tempo, più si fa pericoloso».
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