20 LUGLIO 1969
La Luna prima dell’allunaggio

Quando il 20 luglio 1969 Neil Armstrong fece il «grande passo per l’umanità», l’opinione pubblica americana ed europea, estasiata ed emozionata, tirò anche un sospiro di sollievo.
Conquistare lo spazio poteva essere decisivo per vincere la Guerra fredda e per anni l’Unione Sovietica aveva surclassato gli Stati Uniti.
In gioco, per molti, c’era la stessa sopravvivenza dell’Occidente. La corsa verso il cielo era iniziata in realtà già durante la Guerra mondiale. Nella base segreta Peenemünde un gruppo di scienziati reclutati da Hitler e guidati dal geniale Herber Von Braun aveva lavorato a un’arma micidiale: nel 1944 i missili tedeschi V-2 avevano volato a 85 chilometri di altezza a 1.343 metri al secondo e bombardato Londra. Troppo tardi, però, per vincere la guerra.
Mentre i sovietici entravano in Germania, Von Braun si consegnò agli americani, e attraverso l’operazione «Paperclips», circa duemila scienziati furono trasferiti in segreto negli Stati Uniti per continuare a lavorare. Tuttavia, anche l’Armata Rossa scovò i documenti di Peenemünde. A Mosca, sotto la guida di Sergej Korolev, iniziarono le ricerche: la sfida spaziale era cominciata.
Ben presto i sovietici strabiliarono il mondo: il 4 ottobre 1957 lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia, fu lanciato in orbita. Era poco più grande di una palla da basket e pesante solo 85 chili, ma per l’America fu un trauma e uno smacco: i «rossi» stavano conquistando lo spazio, e potevano colpirla con testate termonucleari. Non era ancora finita, anzi. Un mese dopo, il 4 novembre, il Cremlino mandò nello spazio il primo essere vivente: la cagnetta Laika, un bastardino raccolto nelle strade di Mosca.
Il messaggio era chiaro: a 40 anni dalla Rivoluzione di Lenin, il comunismo era l’avanguardia mondiale della scienza e della tecnologia, ma soprattutto un sistema superiore a quello capitalista.
Nel frattempo, gli americani arrancavano: nel dicembre del 1957 il vettore Vanguard avrebbe dovuto portare in orbita il primo satellite, ma esplose sulla rampa di lancio, per fare un solo esempio. Non bastava. Nel settembre del 1959 il Lunik II arrivò sulla Luna, e nell’estate successiva due cagnolini, Belka e Strelka, orbitarono intorno alla Terra 18 volte, e tornarono vivi.
Il 31 gennaio del 1961, finalmente, la risposta americana: il simpatico scimpanzé Ham trascorse 16 minuti e 39 secondi in volo suborbitale. Ma la soddisfazione durò poco: due mesi dopo, il 12 aprile, il mondo rimase infatti sbalordito di fronte all’impresa del ventisettenne Yuri Gagarin che salì fino a 302 chilometri e riuscì a compiere un’orbita completa intorno alla terra.
Il primo uomo nello spazio fu il trionfo dell’Urss. Gli Stati Uniti stavano perdendo sia in termini scientifici sia di propaganda: Gagarin era più famoso dei Beatles.
Ci pensò allora John Kennedy che, appena eletto, lanciò la nuova sfida: entro dieci anni bisognava mandare l’uomo sulla Luna, perché «nessun progetto spaziale in quest’epoca potrebbe essere più grandioso per l’umanità», disse. Era il 25 maggio 1961. Il programma si chiamò Apollo, e già il 20 febbraio 1962 John Glenn fece il primo volo orbitale, come Gagarin. Ecco la svolta tanto attesa: i sovietici non avevano più il monopolio dello spazio. Tra successi, fallimenti e tragedie la corsa continuò. Un solo esempio: il 27 gennaio 1967 l’Apollo 1 si incendiò e morirono i tre astronauti. Ma anche i costi crescevano sempre più, e i sovietici faticavano a eguagliare i 5 miliardi all’anno degli americani.
Così, il 16 luglio 1969 l’Apollo 11 partì da Cape Canaveral. Il volo decisivo e il Paese, scosso dalla guerra del Vietnam e dagli omicidi di Martin Luther King e Bobby Kennedy, si ritrovò unito e orgoglioso. La sfida era vinta, l’Occidente aveva trionfato. «La storia si scrive ogni giorno», aveva detto John Kennedy alla Brooks Air Force Base in Texas il 21 novembre 1963, poche ore prima di essere assassinato. E qualcuno allora, il 20 luglio 1969, si recò al cimitero di Arlington e pose un mazzo di fiori sulla sua tomba. Di fianco, un biglietto con poche parole: «Signor Presidente, l’Eagle è allunato».
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