LOTTA ALLO SPACCIO
La Prealpina nei boschi della droga
Il direttore Silvestro Pascarella a fianco dei carabinieri a Mondonico: la caccia agli spacciatori
Piove poco quando arriviamo alla stazione dei carabinieri di Luino per il briefing con il comandante di Compagnia, il capitano Vincenzo Piazza, e con la squadra dei carabinieri-cacciatori. Tutto è stato pianificato per andare a scovare gli spacciatori in tre punti caldi del territorio, in quei boschi diventati oggi famosi non per la loro bellezza ma per il commercio della droga, con fiumi di insospettabili clienti che arrivano dall’Italia e dalla Svizzera. Ora, però, non è più proprio così. Il mercato sta cambiando. Per questo andiamo sul posto per vedere cosa sta succedendo.
PIOVE A DIROTTO
Piove a dirotto quando entriamo dentro il bosco dopo un viaggio di una ventina di minuti tra la caserma e il primo obiettivo. Con le auto ci fermiamo poco sopra l’ormai famoso palo giallo, quello che sulla salita per Mondonico indica uno dei più conosciuti punti di spaccio. Altra breve riunione per coordinarsi e per consentire agli specialisti di svolgere al meglio il loro compito. Poco dopo partiamo. In avanscoperta vanno due carabinieri: con le ricetrasmittenti comunicano con i loro compagni. Poi ci inoltriamo anche noi tra le foglie bagnate e i rami che si spezzano, sulle collinette del bosco e lungo le discese. È un ambiente tutt’altro che facile quello da affrontare. Lo conoscono bene i cercatori di funghi. Che, però, negli ultimi tempi stanno alla larga da questi boschi per non fare brutti incontri.
DISPOSTI A VENTAGLIO
Proseguiamo nel cammino disposti a ventaglio. I carabinieri procedono in modo lineare, fermandosi e nascondendosi dietro gli alberi o negli avvallamenti per meglio controllare il territorio senza essere visti. Vanno avanti palmo a palmo in rigoroso silenzio. Cercano di fare meno rumore possibile, sia con i passi, sia nelle comunicazioni tra loro che sono a bassissima voce dentro i microfoni a stretto contatto con la bocca. Noi li disturbiamo, si capisce benissimo. Ma stavolta è importante documentare, descrivere cosa succede per far sì che finalmente gli abitanti di quei luoghi, la popolazione della provincia di Varese si senta sicura.
I RISULTATI SI VEDONO
La presenza dei baschi rossi sul nostro territorio infatti non può essere continuativa. Dalla Sardegna vengono spostate le squadre con una cadenza che dipende dagli impegni da svolgere su tutto il territorio nazionale. Ma i risultati si vedono. Il capitano Piazza sottolinea i successi di questi ultimi mesi e mette in evidenza come il fenomeno sia in rapido e sostanziale cambiamento. Si potrebbe dire che lo spaccio da statico è diventato più dinamico. Fino al periodo del Covid, infatti, le bande di pusher che hanno preso come territorio di conquista quello al Nord di Varese (ma si spingono pure nel Parco Pineta di Tradate e, più a sud, nel Rugareto e nelle aree a cavallo tra il Rescaldinese e l’Alto Milanese), costruivano dei bivacchi – soprattutto in queste zone scoscese – molto dentro nel bosco.
VENDITORI NORDAFRICANI
Erano dei rifugi in cui i venditori di droga di nazionalità nordafricana vivevano per periodi di tempo fino alla settimana. Disponevano, quindi, di coperte, sacchi a pelo, batterie per la ricarica dei telefoni, cibo e tutto ciò che serve per una lunga permanenza. Da questo punto centrale, poi, si diramavano alcuni bivacchi più piccoli e più vicini alla strada che servivano da punto di scambio per smerciare la roba. La comanda arrivava ai capi che poi la gestivano con i “cavalli” che agivano sul posto.
TERZA EVOLUZIONE
Negli ultimi due anni questo meccanismo è stato modificato con l’eliminazione del bivacco centrale e l’esistenza solo di quelli più piccoli nelle vicinanze della strada. Ora siamo alla terza evoluzione del sistema di vendita della droga, perché non esistono neanche più i bivacchi ma solo appostamenti temporanei; quindi scovare chi gestisce e chi si occupa di svolgere sul posto questi commerci diventa più difficile.
SISTEMA RODATO
Ci sono condizioni sociali e ambientali che influiscono su questa evoluzione dello spaccio. Le prime ondate di addetti a questa attività criminale – tutti provenienti dalla zona di Beni Mellal, in Marocco – venivano qui e si insediavano nei boschi perché originari di zone montane, quindi già esperti su come muoversi in territori particolarmente scoscesi. Ora che il sistema è stato creato e rodato, probabilmente, gli stessi spacciatori hanno capito che, con i soldi che fanno, possono stare meglio che in mezzo a un bosco, sotto una tenda, al freddo e all’umido. Hanno coltivato i rapporti con la gente del loro giro e ora dispongono – come dimostrato nelle nostre precedenti inchieste del 23 novembre e del 21 dicembre - di un tessuto di clienti, di fiancheggiatori e di amici che li ospitano anche solo per ricevere una dose di droga e per continuare con le loro cattive abitudini. Il sopralluogo con i baschi rossi lo dimostra. Al termine dell’attività nel bosco di Mondonico il caposquadra fa notare che non sono state individuate tracce recenti del passaggio degli spacciatori, solo carta stagnola vecchia, utilizzata per confezionare le dosi, poi lasciata per terra. Nulla di più. Ma ciò non significa demordere. Di sicuro il fenomeno cambia, non muore però. Si evolve proprio per adattarsi alle nuove esigenze. In parallelo pure le forze deputate alla sicurezza modificano la loro strategia. Lo fanno in base all’attività d’indagine che viene svolta quotidianamente proprio perché la guardia continua a essere alta. Ecco perché può essere di grande aiuto la testimonianza dei cittadini. Di quelli – e sono sempre di più – che si rivolgono ai carabinieri per far notare movimenti sospetti o per segnalare presenze pericolose sul territorio.
RACCOLTA INFORMAZIONI
Alla raccolta delle informazioni da parte della popolazione viene poi aggiunto il lavoro d’infiltrazione nel mondo dei clienti che porta spesso a ricostruire i giri di questi criminali. Che, se sanno di non poter lavorare indisturbati, girano alla larga. È un impegno delicato e molto complesso ma che, grazie al supporto pratico delle squadre di carabinieri-cacciatori, riesce a raggiungere risultati perché ha la possibilità di andare direttamente sul campo.
IL FONDO SCIVOLOSO
Ed è proprio quello che succede nel pomeriggio in cui anche noi abbiamo potuto documentare il lavoro nei boschi dei reparti scelti. Dopo Mondonico, infatti, il servizio si sposta a Caravate ed è qui che i militari scovano due pusher in piena attività: uno impegnato a raccogliere le ordinazioni al telefono e a confezionare le dosi, l’altro a consegnare lo stupefacente a bordo strada. Non è semplice bloccarli perché piove e il fondo è scivoloso. Gli spacciatori tentano la fuga. Uno si infila in un botro (un fossato) e lo percorre dileguandosi dentro il bosco. L’altro prova la stessa tecnica per scappare ma viene bloccato dal personale dei carabinieri e arrestato perché in possesso di tre panetti di hashish da cento grammi ciascuno, un bilancino di precisione, e gli vengono sequestrati tre cellulari nonché denaro per diverse centinaia di euro.
TENDA DI FORTUNA
Come erano organizzati questi pusher? Semplice, avevano montato una tenda di fortuna sotto la quale ripararsi dalla pioggia e dentro la quale tenevano tutto il necessario per il taglio e il confezionamento della droga. Ciò a conferma delle nuove modalità di smercio dello stupefacente che non avviene più con bivacchi fissi ma tramite postazioni mobili, non lontanissime dalla strada. Tutto ciò, comunque, a coronamento di quello che, nel comunicato stampa diffuso ieri sera dal comando provinciale dei carabinieri di Varese guidato dal colonnello Marco Gagliardo, è un servizio straordinario di «controllo finalizzato a prevenire e a reprimere reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti con l’impiego dei militari dello squadrone CC Cacciatori di Sardegna a supporto delle Stazioni competenti per il territorio della Compagnia CC di Luino».
LO STATO C’E’
La dimostrazione – come si diceva poco sopra – che lo Stato c’è. E che può funzionare sempre meglio grazie alla collaborazione di tutti i cittadini. Per riappropriarsi dei nostri boschi c’è bisogno di loro (le forze dell’ordine) ma c’è bisogno soprattutto di noi. Di tutti noi.
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