L’ULTIMO SALUTO
L’addio a Galleani: fiori e la maglia dell’Italia
Folla al funerale dello storico massaggiatore della Nazionale e della Pallacanestro Varese. Dino Meneghin: «La più bella persona che ho conosciuto»

Oltre cinquanta anni di basket varesino e italiano hanno tributato l’ultimo saluto a Sandro Galleani. Il “massaggiatore-bandiera” che dal 1971 al 2009 ha curato i muscoli, ma soprattutto gli umori, dei giocatori della Pallacanestro Varese è stato sepolto oggi, martedì 11 marzo, dopo la funzione nella chiesa parrocchiale di Gazzada tenutasi alla presenza di tantissimi dei suoi “figli adottivi”, così come il figlio Claudio ha definito i ragazzi di “Sandrin” dal pulpito.
GRANDE AFFETTO
Galleani aveva vissuto i fasti della grande Ignis, e alle esequie c’erano tutti i grandi, da Dino Meneghin ad Aldo Ossola, passando per Dodo Rusconi, Massimo Lucarelli e Guido Borghi. Poi via via i personaggi delle ere seguenti: Cecco Vescovi e Max Ferraiuolo, ma anche Meo Sacchetti, Dino Boselli, Alberto Prina, Fabio Colombo ed Enzo Carraria. Via via fino agli anni ‘90, con i fratelli Paolo e Andrea Conti, e poi i protagonisti della magica Stella del 1999: Andrea Meneghin, Sandro De Pol, Cristiano Zanus Fortes, Gianni Chiapparo ed Armando Crugnola. Poi gli ultimi “ragazzi” Marco Allegretti e Marco Passera fino alla Varese di oggi, da Luis Scola al capitano Matteo Librizzi, oltre ovviamente a Toto Bulgheroni. E poi i giocatori della Nazionale, da Pierluigi Marzorati al duo Marconato-Abbio, che avevano vinto con lui gli ori agli Europei del 1983 e 1999.
IL RICORDO
«Ho vissuto una vita bellissima: una famiglia perfetta, un bellissimo lavoro, ho girato il mondo e ho tagliato anche qualche retina (in occasione delle vittorie con Varese e l’Italia ndr)»: così il saluto finale di Sandro Galleani attraverso le parole pronunciate dal figlio Claudio sul pulpito. E rispettando il rituale che voleva “Sandrin” ultimo ad uscire dagli spogliatoi dopo aver pulito tutto e spento le luci, la chiesa si è svuotata prima dell’uscita del feretro, accolto da un grande applauso e da tantissimi occhi lucidi di tutte le età nel momento in cui una maglietta biancorossa col numero 1 e la scritta “Sandro” sulle spalle è stata posta sulla bara.
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