I CONSIGLI
Influenza, come distinguerla dal Covid

La stagione influenzale è già iniziata e ai soliti timori quest’anno se ne aggiungono altri, data la coincidenza con il Coronavirus.
Per capire quale tipo di influenza ci aspetta, come distinguerla dal Covid-19 e quali pratiche mettere in atto, l’Associazione nazionale farmaci di automedicazione (Assosalute), che fa parte di Federchimica, ha fatto il punto con due esperti: il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi e Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale (Simg).
«Tenendo conto di quello che sta accadendo nell’emisfero australe - osserva il professor Pregliasco - sappiamo che sono due le varianti di tipo A e una di tipo B del virus e l’influenza dovrebbe essere di intensità medio-alta. In linea con quanto verificatosi in passato, sono da 6 a 8 milioni gli italiani a rischio, ma tenendo conto delle azioni preventive già in atto per la pandemia da Covid-19, si stima che quest’anno la consueta influenza stagionale sarà più blanda della precedente».
Rimarrà sempre il dubbio, per chi si ammala, di avere la Covid-19.
«In effetti, anche se i due virus sono diversi - prosegue Pregliasco - distinguere la normale influenza dal Covid-19 non è semplice, poichè alcuni sintomi sono simili, l’unico modo per fare una diagnosi precisa, è quello di eseguire il tampone».
L’influenza con cui abbiamo a che fare tutti gli anni ha delle caratteristiche: insorgenza brusca della febbre (oltre i 38°), presenza di dolori muscolari e articolari, tosse, naso che cola, mal di gola.
Invece, la perdita (anosmia) o diminuzione (iposmia) dell’olfatto, la perdita (ageusia) o alterazione (disgeusia) del gusto, sono i sintomi certi del Covid-19.
Attenzione ai bambini: se assistiamo al verificarsi di un unico sintomo respiratorio, è più facile che siamo di fronte a un malanno di stagione, se invece si verifica più di un sintomo contemporaneamente, è bene chiamare il medico di medicina generale o il pediatra per gli accertamenti del caso.
È molto probabile che quest’anno ai primi sintomi d’influenza cambierà il comportamento di molti italiani.
Dalla ricerca di Assosalute risulta infatti che se nel 2019 il 55% degli intervistati, in caso di febbre, è rimasto a casa, assumendo farmaci da banco, quest’anno soltanto il 37,1% si comporterà in questo modo. Aumenterà, di conseguenza, il numero di coloro che si rivolgeranno al medico di base. Si prevede il 34,5%, rispetto al 12,3% del 2019.
«I medici di medicina generale - assicura il dottor Cricelli - si stanno preparando all’arrivo della prossima stagione influenzale nel modo migliore. Abbiamo già distribuito una guida per il rientro sicuro degli alunni e degli insegnanti a scuola, dei sistemi informativi all’avanguardia che permettono di avere velocemente il quadro clinico del paziente, di fare una diagnosi precisa e contestualizzata di tutte le patologie, comprese l’influenza stagionale e il Covid-19».
«In caso di febbre, quindi, ci si deve comportare – avverte Pregliasco – in modo responsabile: rimanere in casa e possibilmente isolarsi dagli altri della famiglia, non andare al Pronto Soccorso né agli studi medici, ma chiamare al telefono il medico di famiglia, la guardia medica o i numeri verdi regionali di pubblica utilità».
Rimangono sempre utili consigli come questi: evitare gli sbalzi di temperatura, prediligere un’alimentazione corretta, non affaticare troppo il sistema immunitario, mantenere una sana flora intestinale con l’aiuto dei probiotici.
Attenzione anche all’utilizzo dei medicinali, quelli di automedicazione, riconoscibili grazie al bollino rosso che sorride sulla confezione, sono sicuri e utilizzabili dietro consiglio del farmacista, mentre gli antibiotici devono essere utilizzati solo ed esclusivamente dietro prescrizione medica.
«La vaccinazione antinfluenzale è un’opportunità per tutti - conclude Pregliasco - dando la precedenza ai soggetti in età avanzata o con patologie croniche, oltre alle donne in gravidanza». Quest’anno è molto importante vaccinarsi, anche per permettere ai medici di base di effettuare la cosiddetta diagnosi differenziale.
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