SPAZIO ARTE IFC
L’arte dà i numeri

Spiritualità, scienza e matematica. Calcolo e natura, ragione ed emozione. Sono i punti fondanti la ricerca di Giorgio Piccaia, originario di Ginevra e figlio dell’artista Matteo Piccaia (1923-2021), che ha vissuto e lavorato a lungo a Busto Arsizio.
L’ISPIRAZIONE
Nel 2018, grazie all’amico Gregory Sinaite, monaco del monastero di Santa Caterina sul Sinai, Giorgio Piccaia scopre la potenza dei numeri e la figura del matematico pisano Leonardo Fibonacci (Pisa 1170 circa-1242 circa) che ha introdotto i numeri indo-arabici in occidente, individuando una sequenza, nota come successione aurea, ispirata alla natura e in grado di spiegarne le armonie interne. Attratto dalla potenza del numero e stimolato dalla sequenza di Fibonacci, Piccaia gli ha dedicato una serie di grandi tele a olio, acrilici su papiro e sculture in plexiglas in cui il numero si fonde con il colore e con la materia.
«Questa sequenza, spiega Piccaia, è per me molto importante: noi siamo natura anche se molte volte purtroppo non ce ne rendiamo conto. La mia operazione è quella di rivalutare con la matematica e la materia, la nostra appartenenza alla natura».
LA MOSTRA
“In ambedue sono” è il titolo della mostra diffusa, curata da Melania Rocca, che si snoda in alcuni luoghi del centro di Varese, a partire dallo Spazio Arte UnipolSai in piazza Monte Grappa 12, che è il perno delle altre tre esposizioni, che vedono coinvolte Sala Veratti, il Battistero, la chiesa di Madonnina in Prato a Biumo Inferiore. «In ambedue sono - spiega l’artista - perché mi sento sia Piccaia che Fibonacci. La mia operazione è rivalutare con la matematica, quindi con la materia, la nostra appartenenza alla natura. Diceva Pitagora che tutto è numero, anche la natura è numero, e quando rappresento i numeri è per trovare un mio ritmo interiore e per rappresentare un tempo che c’è e che non c’è».
«UN RAPPORTO TRA UNIVERSO E NATURA»
Così i numeri di Piccaia, che parte sempre dall’uno, in una sorta di ricerca ossessiva sull’inizio, si trasformano in fiori o in altre forme naturali, esprimendo, spiega l’artista, «la possibilità di rappresentare l’esistenza di un rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e l’uomo, tra Universo e Natura, tra il visibile e l’invisibile». Un perenne anelito alla Bellezza che si può cogliere nell’installazione realizzata per il Battistero di Varese (che dal 26 giugno si sposterà nella chiesa di Biumo Inferiore), La croce e il Rosario. «In questo lavoro - commenta monsignor Luigi Panighetti prevosto di Varese - la rappresentazione figurativa si incontra con quella simbolica ed evocativa e sollecita la nostra ragione e il nostro sentire. Ci invita a una sosta che ci dà il respiro che spesso manca». In Sala Veratti invece, fino al 25 giugno, si ammira l’installazione.
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