LUNA
Mezzo secolo di sogni

«Non bisogna mai smettere di esplorare»: è il mantra di Paolo Nespoli, l’astronauta italiano dell’agenzia spaziale europea che ha visto da vicino la Luna. E proprio le suggestioni che ebbe da ragazzino lo spinsero nel suo lungo percorso che lo ha portato nello spazio.
Ne parla in occasione del 50esimo anniversario dall’allunaggio quando lo statunitense Neil Armstrong ci pose per primo il piede il 20 luglio del 1969 scendendo dalla navicella spaziale della missione Apollo 11. «Non smetteremo mai di sognare di andare sulla Luna e nello spazio», racconta al telefono, gentile e con la voce allegra di chi è in vacanza (ma «Solo tre giorni dedicati alla mia famiglia», spiega mentre trova il tempo per parlare di Luna, Universo e futuro). Classe 1957, AstroPaolo è rimasto legato alle origini lombarde: mentre era nello spazio il 10 novembre 2017 twittò una foto della Brianza e Lago di Como e scrisse «Da qui ho guardato la Luna nel 1969 cercando di scorgere gli astronauti camminarci sopra... Un saluto alla mia prima casa, la Brianza!».
Cresciuto avendo negli occhi lo sbarco dell’uomo sulla Luna, continua a raccontare le sue imprese extraterrestri: di recente ha partecipato all’inaugurazione del padiglione dedicato allo spazio a Volandia mentre è spesso in cattedra incontrando i bambini. Ed è proprio pensando ai piccoli che riflette: «A tratti sono ancora un bambino capace di stupirsi e sognare. Penso alla bellezza di essere piccoli con la possibilità di scegliere il futuro che passa dai sogni. Siano i miei figli di 10 e 5 anni (Sofia e Maximilian) o tutti quelli che incontro. Il mio messaggio è sempre lo stesso: esplorate, siate curiosi, fate del vostro meglio, anche se ci vogliono fatica e impegno».
I bambini vogliono ancora fare l’astronauta? «Tanti ora vogliono fare gli chef, ma c’è ancora chi sogna di fare l’astronauta anche se a volte i presupposti sono errati e, forse, anche per colpa dei media. I piccoli pensano a diventare ricchi e famosi. E mi chiedono se gli astronauti siano ricchi e famosi: niente di più sbagliato. Non sono né ricco né famoso, ma sono felice.
Mi sono sempre ispirato al discorso del presidente Kennedy “Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili” (Kennedy non vide l’uomo sulla luna, fu assassinato nel novembre del 1963). Ecco bisogna fare le cose difficili. Penso anche a Steve Jobs: conosciamo la sua storia, un percorso faticoso e di immenso impegno, prima di diventasse il proprietario del colosso Apple».
L’astronauta riferisce di un episodio: «Nelle scorse settimane in una scuola per una conferenza, ho chiesto a una bambina cose volesse fare da grande. E lei candida mi ha risposto: “la gelataia”. Tutti hanno riso e lei è scoppiata a piangere. Un disastro. Allora ho fatto un discorso che ripeto anche ai miei bambini: non c’è niente di male a fare la gelataia, l’importante che sia fatto al meglio. E anche in quel campo si può esplorare, fare cose che nessun altro fa, creare nuovi gusti, abbinamenti e farlo meglio di tutti. Penso che i bambini abbiano un gran potere e possono impegnarsi per il futuro che mi immagino non solo nello Spazio, sulla Luna ma anche di attenzione alla tutela dell’ambiente e della Terra».
Torna indietro nel tempo, all’allunaggio: «Quando ero bambino, volevo fare l’astronauta ma non si poteva. E il discorso era archiviato anche se lo sognavo guardando gli astronauti saltellare sulla Luna (Nespoli aveva 12 anni nel 1969, ndr). Crescendo e ormai da adulto, c’è stata la svolta. Ero un militare e devo ammettere che mi piaceva, ma non ero contento. Avevo quel sogno della Luna. E il resto è storia: i giornalisti ci hanno ricamando scrivendo che sono diventato astronauta grazie a Oriana Fallaci (giornalista che conobbe durante la missione in Libano, ndr) ma seppure sia stata importante ed è giusto che io glielo riconosca, non è stato unicamente merito suo. Ci sono state anche altre persone al mio fianco a sostenermi».
AstroPaolo è stato nello spazio in totale per 313 giorni, 2 ore e 36 minuti e spiega: «Essere astronauta è un sogno. In questo momento gli astronauti non possono decidere se andare sulla Luna o su Marte. Oggi, andare nello spazio è una cosa così speciale che non puoi permetterti di avere preferenze. È un po’ come voler cercare un gusto di gelato speciale in un posto dove il gelato non c’è. Se eccezionalmente lo trovi, ti fai andar bene il gusto che c’è ringraziando la tua buona sorte. Come è accaduto a me: è quello che la vita mi ha offerto».
E il futuro? Si tornerà sulla Luna? E Marte che sembra vicino (circa 18 mesi il viaggio)? «Certamente si tornerà sulla Luna. Così come andremo su Marte. Non sappiamo esattamente quando». Anche se solo nei giorni scorsi in un post su LinkedIn la Nasa ha annunciato che fra 5 anni la prima donna sbarcherà sulla Luna e si andrà anche su Marte. Ed è anche partito il >Moon2024, per andare su Marte ci vorranno circa 15 anni. «Il problema non è tornare sulla Luna o andare su Marte - dice l’astronauta -. Il tema è diverso. Il panorama mondiale è cambiato, non c’è la Guerra Fredda e non ci sono nazioni che devono primeggiare. L’idea di andare su Marte fra 15 anni, non è nuova. Quando ero bambino si diceva fra 15 anni andremo su Marte, quando sono diventato astronauta si parlava di altri 15 anni. Ora siamo al punto di partenza. E su Marte ci andremo dopo 15 anni a partire dal momento in cui si deciderà con un progetto condiviso anche a livello politico e si lavorerà in quella direzione. Deve cambiare l’approccio culturale: l’umanità deve andare nello spazio. Non gli americani, gli europei, i russi e i cinesi». E intanto non resta che sognare il satellite, perché come ripete Nespoli: «La Luna piena è sempre uno spettacolo sia vista dalla Terra sia dallo spazio».
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