CONTRABBANDO
Rolex “fantasma”: «Così ho scoperto tutto»
Malpensa: parla la dipendente che sporse denuncia
«Ho avuto il coraggio di denunciare e anche se ora ho perso quel lavoro sono certa di aver fatto la cosa giusta». Parla la dipendente di una delle due società di spedizioni attraverso cui circolavano Rolex fantasma e lo fa per sfogarsi. Certo, non ci sono correlazioni tra il suo atto di integrità e il licenziamento, la causa davanti al giudice del lavoro è finita con un accordo transattivo e la donna non ha più nulla da rivendicare o da pretendere dai titolari. Ma vuole aprire uno squarcio su un tipo di delinquenza che si muove sotto traccia e che altera il mercato danneggiando l’economia. Così, pur rimanendo nell’anonimato, racconta i retroscena dell’indagine che ha portato al sequestro preventivo di 23 milioni di euro nei confronti di tre dipendenti infedeli delle aziende che hanno sede a Malpensa.
L’ACCUSA
L’accusa mossa dalla procura di Busto è di contrabbando legato ad ambienti criminali di Napoli e gli accertamenti sono tutt’altro che conclusi. Da decenni la cinquantenne era impiegata alla Ferrari - spa che non è coinvolta nell’indagine se non come parte lesa - ma solo al rientro da un lungo periodo di malattia, nel 2021, rimettendo mano alla documentazione e alle pratiche si rese conto che qualcosa nelle fatture non quadrasse. «Erano relative a pacchi contenenti orologi di acciaio da 12 euro, ma riportavano un codice che corrispondeva ai brand di lusso».
DETTAGLI
Solo un occhio esperto avrebbe potuto cogliere quei dettagli doganali molto tecnici: i colli, accompagnati dal documento T1 (che concerne le merci non unionali) arrivavano da Hong Kong ed erano destinati alla base Nato, ma la dipendente sapeva che fosse una procedura irrituale. «Le basi della Nato mica sono distributori di Rolex, non commercializzano gioielli», spiega in modo più comprensibile precisando che neppure l’organismo dell’alleanza militare nato dal Patto Atlantico sia coinvolto nel mercato nero. Iniziò a sospettare l’esistenza di un’attività di contrabbando ma solo aprendo i pacchi avrebbe potuto ottenere la certezza.
IMBALLAGGI APERTI
La cinquantenne lo fece. Squarciò gli imballaggi e documentò grazie al cellulare una montagna di Rolex, Bulgari, Cartier, Iwc, Chopard importati aggirando dazi e Iva e poi rivenduti in nero dai tre dipendenti degli spedizionieri. Altro che cineserie da pochi euro. A quanto pare il sistema funzionava da un paio di anni, 64mila gli orologi di lusso destinati a Napoli grazie a questa tecnica con un volume d’affari che gli investigatori stimano in 103 milioni di euro. Non resta che attendere gli sviluppi dell’operazione perché è inverosimile ritenere che un business così remunerativo fosse in mano a tre quisque de populo.
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