MUSEO DIOCESANO
Le foto scomparse della Magnum

Nella sala da pranzo del ristorante del Museum of Modern Art di New York, un gruppo di colleghi fotografi, composto da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, decisero di fondare la Magnum Photos, destinata a diventare una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo.
Era il 1947. Convinti della necessità di tutelare la propria libertà da vincoli, del valore della fotografia come documento e forma d’arte, tra il 1955 e il 1956 allestirono in cinque città austriache la mostra, intitolata «Gesicht der Zeit», il volto del tempo.
Quel materiale, misteriosamente scomparso, è stato ritrovato nel 2006, ancora chiuso nelle sue casse, in una cantina di Innsbruck, in Austria. Ora queste fotografie, restaurate, sono esposte al museo Diocesano di Milano, per una mostra che ricostruisce quella storica esposizione, utilizzando i pannelli di legno colorati su cui erano montate le immagini, le didascalie e la locandina, oltre che le istruzioni - dattiloscritte - sull’allestimento.
Ci sono diciotto fotografie in bianco e nero di Cartier-Bresson sugli ultimi giorni e il funerale di Gandhi, parte del servizio pubblicato dalla rivista «Life» nel febbraio 1948; le feste basche di Robert Capa, che segnano il ritorno alla normalità e alla pace dopo la barbarie della Guerra civile spagnola; ancora, i viaggi di Werner Bischop dal Perù al Giappone nei primi anni cinquanta, le foto di scena nelle cave di pietra di Assuan, scattate da Ernst Haas sul set del kolossal hollywoodiano «La regina delle Piramidi», il volto mutevole di Vienna durante l’occupazione nazista immortalato da Erich Lessing e la Dalmazia di Tito secondo Marc Riboud, l’Ungheria raccontata ai lettori del New York Times da Jean Marquis e la Londra di Inge Morath, unica donna del gruppo.
«Il mio primo contatto con la vecchia mostra somigliava più alla scoperta di una mummia che a quella di un tesoro», ha spiegato la curatrice Andrea Holzherr: «le foto erano in pessime condizioni, coperte di polvere, muffe e odore di stantio», ma erano «la prova che sin dall’inizio, Magnum era diversa dalle altre agenzie fotografiche. Dagli esordi, con il programma di mostre ed eventi, la Magnum difendeva il valore della foto come documento».
© Riproduzione Riservata