MISSISSIPPI BURNING
Quando il Sud bruciava davvero

4 agosto 1964. Da oltre un mese, nel caldo infernale del Mississippi, gli agenti dell’Fbi stanno cercando James Earl Cheney, Andrew Goodman e Michael Schwerner, scomparsi il 21 giugno.
Hanno rivoltato la contea di Neshoba e le paludi di Bogue Chitto tra serpenti, zanzare e insetti. Ma solo oggi, dopo una soffiata «sicura», si recano presso la Old Jolly Farm, una fattoria di un certo Olen Burrage.
I tre ventenni sono attivisti del Movimento per i diritti civili. A fine maggio erano passati a Longdale per aprire una freedom school, presso la chiesa metodista Mount Zion, e aiutare le persone di colore a iscriversi ai registri elettorali.
Impegno rischioso: nel Sud il voto dei «negri» non era – per così dire – gradito e la risposta dei Cavalieri Bianchi del Ku Klux Klan era arrivata pochi giorni dopo: la chiesa era stata incendiata.
Erano gli anni di Martin Luther King e Malcolm X e, tra linciaggi e violenze, il clima era irrespirabile. Ma i ragazzi erano tornati in zona per indagare sull’incendio.
Erano passati da Philadelphia, una cittadina di 4000 anime. Per Martin Luther King era «tremenda», uno «dei posti peggiori in cui sono stato». In effetti, in zona il Klan spadroneggiava e quei tre rappresentavano il nemico perfetto: Cheney nero e mississippiano, gli altri due bianchi, ma ebrei e newyorchesi. Dunque, progressisti amici dei negri. Alle due del pomeriggio del 21 giugno la loro Ford blu era stata fermata per eccesso di velocità, e il vice-sceriffo Cecil Price li aveva arrestati. Poi erano scomparsi.
L’Fbi varò allora l’operazione «Mississippi Burning» (MiBurn): offrì ricompense e mandò centinaia di agenti e soldati. Il caso divenne nazionale: Walter Cronkite, il più influente giornalista d’America, nel Tg del 25 giugno affermò che i ragazzi «erano al centro delle preoccupazioni di tutto il Paese». Poco dopo, addirittura, il presidente Lyndon Johnson incontrò i genitori di Goodman e Schwerner alla Casa Bianca.
Ma, niente. Contro l’Fbi si era alzato un muro di gomma e di derisione: «saranno andati a Cuba, al sole», sghignazzava il governatore del Mississippi.
Poi la svolta. Qualcuno passò ai federali l’informazione decisiva. E il 4 agosto i corpi furono trovati nella Old Jolly Farm.
La verità venne presto a galla. Il Klan aveva progettato tutto da giorni: rilasciati alle 10 di sera, i ragazzi erano stati nuovamente fermati dopo poche miglia da Price e obbligati a salire sulla sua macchina.
Imboccata una stradina tra i boschi, li aveva consegnati al Klan: tre colpi al «negro»; un solo colpo al cuore per i «bianchi». Alle due di mattina l’operazione era conclusa.
Ma le autorità del Mississippi non avrebbero mai condannato per omicidio quei bianchi. L’Fbi lo sapeva, e incriminò 18 persone «solo» per violazione dei diritti civili. Scandaloso, ma meglio di niente.
Al processo, nel 1967, furono condannati in sette, tra cui il vice sceriffo Price e il capo dei Cavalieri Bianchi Samuel Bowers. Presero dai 3 ai 10 anni. E nel 2005, finalmente, il predicatore Edgar Ray Killen – il vero organizzatore della trappola – fu condannato per omicidio a sessant’anni.
Ma il caso non è ancora chiuso: da chi arrivò la soffiata decisiva? Alan Parker, nel suo film «Mississippi Burning» del 1988, indicò la moglie del vicesceriffo Pell (Price).
In realtà il file «MiBurn» è ancora secretato negli archivi dell’Fbi e nessuno può saperlo con certezza.
Per alcuni, comunque, la soffiata giunse dai membri del Klan, per altri la talpa fu l’agente di polizia Maynard King.
Di certo il caso faceva scalpore e bisognava risolverlo al più presto. Magari anche con una «scorciatoia extralegale»: sembra allora che l’Fbi avesse contattato il gangster mafioso Gregory Scarpa. «The Grim Reaper» – «Il Triste Mietitore», questo il suo soprannome – arrivò a Philadelphia, rapì un membro del Klan e gli mise la canna della pistola in gola. Poco dopo, i corpi dei tre ragazzi furono ritrovati. Il film di Parker è strepitoso ed ebbe un impatto culturale fortissimo, ma senza dubbio questo finale è ancor più intrigante.
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