CASTELLO VISCONTEO
Mnemosyne: una mostra tra i collezionisti del 500

Il mondo in una stanza. Era questa l’utopia che muoveva i collezionisti tra XV e XVII secolo, avere una campionatura del mondo intorno a sé, in un luogo protettivo e magico in cui tutto fosse a portata di mano per essere studiato e catalogato ma anche per suscitare ammirazione e prestigio.
GLI STUDIOLI
Questi studioli di collezionisti e Wunderkammer (ossia “camera delle meraviglie”) erano affollati di curiosità, fossili e denti di narvalo ritenuti corni di mitici unicorni, libri e mostruosità, animali esotici impagliati e minerali, quadri e sculture, strumenti, invenzioni meccaniche, carte geografiche, rarità archeologiche, monete, cammei. Fino all’Illuminismo, quando la meraviglia venne stigmatizzata come conseguenza dell’ignoranza e le opere esposte in modo asettico, per essere viste e comprese senza suscitare emozioni.
LA MOSTRA
Ma come sarebbe stata la “wunderkammer” o lo studiolo di un collezionista se fosse vissuto fino ai giorni nostri, sempre attento a mostrare l’evoluzione del mondo e dei nuovi confini? È questo il punto di partenza della mostra - davvero spettacolare - “Mnemosyne. Il teatro della memoria”, inaugurata a Pavia nella Sala del collezionista del Castello Visconteo, e curata da Paolo Linetti.
L’allestimento, studiato per suscitare lo stesso stupore che provocavano le “camere delle meraviglie” di qualche secolo fa, presenta insieme “Artificialia”, ovvero le creazioni dell’uomo, come opere d’arte, statue e reperti archeologici; “Naturalia”, oggetti appartenenti al mondo naturale quali conchiglie, coralli, animali esotici, ma anche elementi bizzarri e mostruosità della natura; infine le “Scientifica”, strumenti scientifici e opere dell’ingegno umano, e le “Exotica”, manufatti provenienti dal lontano Oriente oppure dalle terre al di là delle Colonne d’Ercole. «Nelle camere delle meraviglie – spiega il curatore - le opere erano ambientate e messe in dialogo l’un l’altra come attori su un palco. Per questo questi luoghi di collezionismo potevano essere chiamati “Teatri della memoria”».
LE SCENOGRAFIE
Le scenografie di questo teatro sono le suggestive carte da parati e tappezzerie di lusso dipinte a mano da Elena Carozzi, che ambientano opere di ogni genere, dipinti mai esposti, provenienti dai depositi dei musei civici di Pavia, rare piante dell’orto botanico cittadino e animali impagliati dal Museo Kosmos, il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia, opere africane concesse dalla Fondazione Frate Sole, armature giapponesi del XIX secolo, kimono, una straordinaria pipa da oppio ottomana, a forma di drago, e un pavone imbalsamato concessi da collezionisti privati. Dialogano con le opere storiche alcuni lavori contemporanei, le “Vanitas” realizzate da Gian Carozzi (1920-2008), esponente del movimento spazialista, e dal collettivo R.E.M.I.D.A., che ripropongono in chiave contemporanea lo splendore e la simbologia delle “vanitas” settecentesche, e mobili e lampadari della designer Valentina Giovando, esempi di “artificialia” moderni per la maniacale perizia nella cura dei dettagli e per lo stupore d’insieme che suscitano.
© Riproduzione Riservata