RADIO LIBERE
Viaggio nel passato dell’etere

Correva l’anno 1976 quando Eugenio Finardi compose un celebre inno alle radio libere, «ma libere veramente» in un’epoca dove la controcultura non riceveva i palchi nei palinsesti di radio e tv di Stato.
Varese, il territorio provinciale non solo la città, da questo punto di vista ha conosciuto un fermento notevole con l’apertura di una serie di radio in grado di «fabbricare» importanti dj, intrattenitori e giornalisti approdati alla ribalta nazionale.
A ripercorrere l’amarcord di quei giorni è Patrizia Cavallin, voce varesina storica e apprezzata di quella che fu Rete 8 network. Il lato forse meno noto, meno conosciuto di Patrizia, alias Frappi, è che ha cominciato a bottega proprio dalle radio libere di Varese, da Radio Super Varese in anni in cui c’erano grossi bottoni e manopole, dove non si toccava né si parlava allo schermo per avere risposte. «Ho cominciato con Radio Super Varese - spiega - era il 1978 e sono entrata in questa emittente cominciando a fare la regia in questo che era un vero e proprio laboratorio creato da Carlo Chiodi con Alberto Mentasti e tra i giornalisti in erba Paolo Costa. Vi erano due grandi radio libere, questa più di area cattolica e Radio Varese legata invece alla sinistra di quegli anni con tutto ciò che si può immaginare. Come detto era un grande laboratorio e la radio per noi è ciò che forse internet è un po’ per i giovani di oggi, la libertà. E proprio quel mondo senza internet imponeva scelte impegnative perché anche solo fare informazione voleva dire prendere i quotidiani cartacei per la rassegna stampa mattutina, scegliere gli articoli, approfondirli. Un aspetto non secondario perché i giovani in quegli anni, anche a Varese, avevano una loro forte appartenenza politica. Si facevano riunioni per decidere il taglio dell’informazione ma anche per decidere che dischi comprare, era una radio di programmi dove si imparava ad esprimersi nei campi dove eri più portato».
Proprio la scelta su che dischi comprare ha un sapore antico. «Era una vera e propria scuola della musica - prosegue Cavallin - perché non solo si compravano i dischi, a nostre spese, ma poi li si ascoltava sul giradischi per intero, in radio, e ai brani venivano affidate delle stelline sulla copertina per classificarne la bellezza all’ascolto. Varese poi era una città ricca ed aveva due negozi di dischi che facevano arrivare materiale d’importazione con un lavoro di ricerca dietro, una cosa non scontata per quegli anni. Oggi c’è un ritorno al vinile che non penso sia solo un’operazione nostalgia, anche se hanno dei costi importanti ancora, ed io ricordo il primo che ho trasmesso in onda, Stay, di Jackson Browne. Per raccontare la musica al microfono andavo poi in edicola a comprare riviste londinesi, che arrivavano puntualmente due settimane dopo la loro uscita e le consumavo, ritagliavo, facevo appunti, perché non c’era la rete per poter offrire la maggior conoscenza al pubblico».
Oltre alle radio libere citate c’erano anche quelle commerciali e Varese rimane una realtà importante di cui anche Patrizia Cavallin ha fatto parte fino ad arrivare oggi ad OTTO FM. «Questa esiste dal 1973 - rivela - quando venne attivato il trasmettitore 103,400 MHz dal Sacro Monte di Varese, che diede il nome a RSM – Radio Sacro Monte, poi anglicizzato in Radio Sound Music, qui ho dovuto apprendere il vero e proprio lavoro artigianale in quegli anni con le cassette della pubblicità da inserire, la programmazione dell’informazione, la scaletta musicale, azioni per le quali serviva anche una conoscenza tecnica del mezzo e quindi, sulla fine degli anni Ottanta, variato in Reteotto l’italiana nel mondo, un progetto che vedeva la stazione di Varese del cangurino sbarcare via satellite in tutta la terra raccogliendo lo stupore e la felicità delle comunità italiane all’estero. Oggi fare radio è paradossalmente più difficile. anche se la tecnologia ha semplificato il lavoro, mi riferisco però ai contenuti. Internet ha reso tutto più veloce. Non credo sia la fine di qualcosa - conclude - semmai è l’inizio di altro, qualcosa di diverso che va incontro ai tempi. Certo, Varese ha precorso i tempi in molti ambiti. Mi vengono in mente le parole dell’ultima canzone di J-Ax e Tormento («Acqua su Marte» ndr), che nel ripercorrere il tempo passato nelle loro carriere e nell’hip-hop dicono «Varese era New Jersey Milano New York». Qui gruppi come gli O.T.R o i Sottotono hanno sviluppato un fulcro produttivo del rap in Italia. Rap ed Hip Hop danno voce ad un disagio sociale come lo fu all’epoca il punk, c’è un messaggio dentro portato da quello che ha originato anche l’avventura delle radio libere, ciò che amo visceralmente: la musica».
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