SLOW FOOD
Slow Grains: sono ancora i tempi del grano
Nel Varesotto in passato era molto diffuso il Rosso Olona. A Cuirone sarà seminato per una riproduzione sperimentale
Sulle rive del Mediterraneo, il grano e il pane sono simboli potenti, capaci di esprimersi in un’incredibile diversità: di prodotti (pani, pasta, cous cous…), di forme, di lievitazioni, di varietà vegetali. Una biodiversità che è stata drasticamente ridotta negli ultimi decenni, per via dell’introduzione di varietà commerciali e del dilagare di produzioni industriali, con inevitabili conseguenze sull’ambiente e sulla salute. A questo si aggiunge la crisi senza precedenti che ha colpito la cerealicoltura, vittima di dinamiche finanziarie che determinano i prezzi del grano e, in alcune aree, della peggiore siccità di sempre. Molti, in particolare nelle aree interne, si arrendono e si trovano costretti ad abbandonare i territori oppure a cedere i propri campi ad aziende (spesso multinazionali) che investono sul fotovoltaico. Alcuni invece resistono, puntano su varietà tradizionali e su tecniche agroecologiche, creano filiere chiuse (dal campo, al mulino e al forno) e scelgono così di farsi custodi del territorio e dare un futuro alle aree interne. È il caso della rete Slow Grains di Slow Food, protagonista al Salone del gusto Terra Madre 2024 di Slow Food, organizzato a fine settembre a Torino.
I GRANI LENTI
«In tutta Italia – spiega Alberto Senaldi della rete Slow Grains – da oltre un decennio, sono nate numerose iniziative da parte di piccole e medie aziende agricole volte a recuperare diverse varietà tradizionali di cereali dette anche “antichi” e antecedenti alla rivoluzione verde che, a partire della metà del XX secolo, grazie all’uso di nuove varietà ibride create con tecniche di selezione artificiale, ha soppiantato gradualmente le varietà coltivate. Un cambiamento molto radicale, che ha comportato da un lato un aumento di produzione ma, dall’altro, una drastica riduzione del numero di varietà, l’impiego massiccio di fertilizzanti e pesticidi e la perdita di quella biodiversità che caratterizzava la nostra campagna». In Lombardia le varietà più coltivate erano rappresentate dal grano tenero, tra cui le varietà più diffuse si chiamavano Autonomia, Frassineto, Gentil Rosso, Mentana, Ardito, mentre nel Varesotto era molto diffuso il Rosso Olona, un grano tenero abbastanza produttivo ma che era soggetto all’allettamento, ovvero il ripiegamento fino a terra a causa della pioggia o del vento, che dà problemi durante la raccolta. A proposito di Rosso Olona, a Cuirone di Vergiate, quest’autunno sarà seminato in parcella per una riproduzione sperimentale a cura di Alberto Senaldi di Slow Food Varese. Funzionerà? Si vedrà. Un’altra coltura cerealicola molto diffusa nel nostro territorio, ma purtroppo ora ridotta a pochi ettari, era costituita dalla segale utilizzata per la panificazione che ben si adattava alle caratteristiche dei terreni.
IL PASSATO NEL FUTURO
Infine si ricorda come la rete di Slow Grains intenda promuovere la reintroduzione di queste varietà tradizionali che va di pari passo con il recupero di pratiche agricole passate quali la rotazione agricola delle colture, la macinazione a pietra, che regala un prodotto con qualità organolettiche superiori e la lievitazione dei prodotti con pasta madre. Non si tratta di applicare ciecamente le pratiche del passato, ma di riadattarle alle tecnologie disponibili e alle esigenze tecnico-sanitarie odierne.
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