DUOMO DI MILANO
Splendore della vetrata del Damasceno

Una Bibbia di vetro incastonata nei ricami del marmo di Candoglia. È quella raccontata dalle cinquantacinque vetrate del Duomo di Milano, dalle più antiche, realizzate nel Rinascimento, a quelle dell’abside, opera della famiglia Bertini, tra i più noti maestri vetrai milanesi dell’Ottocento.
Parlano della bellezza e dello splendore della materia, riflesso dell’armonia divina: peccato solo che la loro altezza elevata, a una quindicina di metri da terra, consenta solo in rari casi di ammirare i raffinati dettagli che danno vita al racconto. Occasione dunque da non perdere quella offerta in questi mesi estivi dalla Fabbrica del Duomo, che ha pensato di esporre nel retrocoro alcuni antelli della vetrata 25 (composta da 38 antelli, più il rosone superiore e una ventina di vetratine sagomate di riempimento), una delle più antiche, dedicata a san Giovanni Damasceno, prima di ricollocarla sopra l’altare di Santa Prassede, sul fianco settentrionale del Duomo, da dove è stata calata per un improcrastinabile restauro.
La vetrata «bene ligata, recocta et optime fabricata et saldata», come dicono i documenti di commissione, è opera di Nicolò da Varallo, uno dei più importanti maestri vetrai del Quattrocento: figlio d’arte (il padre Leonardo lavora in Duomo dal 1439 al 1449), è documentato già giovanissimo nei registri della Veneranda Fabbrica e in diversi altri cantieri lombardi, in chiese (tra cui la Certosa di Pavia, altro cantiere ducale), edifici pubblici e in palazzi nobiliari.
A guidare le abili mani di Niccolò, forse i disegni di un maestro assoluto come Vincenzo Foppa (1427-1515), attivissimo nella Milano di Francesco Sforza. Sono proprio i dettagli, finalmente ammirabili dopo un accurato lavoro di pulitura affidato al laboratorio di Laura Morandotti, a tradire lo stile di Foppa.
Il naturalismo dei gesti e dei volti (raggiante quello di san Giovanni a cui appare Maria), disegnati «a grisaglia» con tratto veloce, le invenzioni prospettiche (come nella scena della nascita e del primo bagnetto del santo, con il letto in forte scorcio riparato da una tenda verde smeraldo), la cura dei panneggi, i particolari di ambientazione domestica, come il paiolo sul fuoco per scaldare l’acqua o i libri sugli scaffali, con le copertine di cuoio punzonate.
La vetrata fu offerta alla cattedrale dalla corporazione degli speziali (i nostri farmacisti), in onore del loro santo patrono: Giovanni Damasceno. Nato a Damasco da una nobile famiglia araba e cristiana verso il 670, dopo alcuni incarichi pubblici si consacrò alla vita religiosa, divenendo uno dei teologi più preparati e ascoltati del suo tempo (nel 1890 papa Leone XIII lo ha eletto Dottore della Chiesa).
Grazie anche alla sua azione di fermo oppositore contro coloro che negavano la possibilità di utilizzare immagini nel culto e nelle chiese cristiane, possiamo ancora oggi godere della bellezza di tanti capolavori d’arte sacra.
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