SHOCK IN PAESE
«Suicidio? Impossibile» La madre di Larimar vuole la verità
Mercoledì l’autopsia sulla 15enne morta a Enna. La ragazza di Besozzo si era trasferita in Sicilia un anno fa. «Era un raggio di sole»
Non c’è pace per la famiglia di Larimar Annaloro: l’angoscia si mescola all’assedio dei giornalisti, agli interrogativi sulla morte della quindicenne si aggiungono le ripetitive domande dei cronisti e il tempo che li separa dall’autopsia - da cui si attendono certezze sulle cause del decesso - sembra interminabile. «Abbiamo nominato un consulente di parte, Giuseppe Gulla domani (mercoledì 13, ndr) assisterà all’esame del medico legale nominato dalla procura e l’auspicio è che si possa iniziare a fare chiarezza. Ho parlato con i dirigenti della polizia e mi hanno assicurato che non lasceranno alcun accertamento intentato», ha spiegato in una breve conferenza stampa a Piazza Armerina l’avvocato degli Annaloro, Milena Ruffini.
«L’HANNO UCCISA»
La madre di Larimar e la sorella hanno preso la parola per rafforzare nell’opinione pubblica, e quindi negli inquirenti, la loro certezza: «Mia figlia era un raggio di sole. Non può essersi uccisa, non l’avrebbe mai fatto. Non crediamo al suicidio». Propendono per l’omicidio, detto senza circonlocuzioni. Gli investigatori della procura dei minori di Caltanissetta al momento hanno aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e in questi giorni stanno interrogando gli amici e i compagni di scuola della quindicenne per capire se negli ultimi tempi la giovane originaria di Besozzo fosse vittima di bullismo, di umiliazioni o di revenge porn.
IL GIALLO DEL BIGLIETTO
Nei giorni scorsi il fidanzato di Larimar ha consegnato alla squadra mobile un biglietto della giovane, recapitato da un conoscente comune. «Ti amerò anche nella prossima vita», c’era scritto. Una frase che confermerebbe l’ipotesi del gesto volontario. Ma le sorelle non hanno dubbi: «Non l’ha scritto lei». Il ragazzo dopo la tragedia ha pubblicato un post su Instagram che accresce i sospetti degli Annaloro, non su di lui in particolare, ma sul fatto che qualcuno possa conoscere una verità nascosta. C’è la foto scattata a una festa e una riflessione: «Questa è l’ultima foto che abbiamo insieme e come sempre eri sorridente e non trasmettevi quello che avevi dentro». E poi: «Nessuno ha una colpa per questa tragedia, ma almeno spero che chi si sente superiore ad altre ragazzine più deboli abbia capito la gravità delle azioni e delle parole. Prendersi gioco degli altri ormai era diventata una moda, quasi un vanto, che con la scomparsa di Lari ha raggiunto l’apice». Di certo gli investigatori approfondiranno quelle parole. C’è poi da affrontare il capitolo della lite con la compagna di scuola, che risale al 5 novembre, giorno della morte. La preside del liceo scientifico ha smentito voci di scontri fisici: «Gli insegnanti hanno detto a me e alla polizia di aver visto solo una discussione, non spintoni o aggressioni».
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