I DATI
Troppi diabetici al Pronto soccorso

Bisogna creare nel territorio un network molto personalizzato, in altri termini una rete di informazioni e di servizi per tutti quei pazienti diabetici che fanno troppo spesso ricorso ai pronto soccorso, se vogliamo prevenire le complicanze della malattia, ridurre i costi del Servizio sanitario, ma soprattutto alleggerire le strutture ospedaliere di primo intervento da casi non urgenti e curabili altrove. È la raccomandazione emersa da uno studio effettuato da Bhave in 109 ospedali di tutta Italia e su oltre 300mila accettazioni eseguite nei pronto soccorso.
IN SENATO
Se n'è parlato al Senato, in occasione di un incontro dal titolo “Diabete in pronto soccorso: e dopo?”, presenti politici, clinici e associazioni di pazienti. «I cittadini hanno diritto a un adeguato servizio di tutela della propria salute - ha fatto presente la senatrice Daniela Sbrollini, presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità e diabete - ma occorre anche una più mirata organizzazione nella medicina dei giorni nostri. La cronicità e il diabete in particolare sono casi emblematici di come il territorio deve interfacciarsi con le strutture specialistiche e ridurre al minimo le problematiche relative agli accessi ai pronto soccorso, troppo spesso per delle ipo e iperglicemie non gravi».
«NECESSARIO UN PERCORSO TERAPEUTICO»
«La soluzione può venire solo da un percorso diagnostico terapeutico specifico ed efficiente - fa presente il dottor Francesco Pugliese, direttore del Dipartimento emergenza all’ospedale Pertini di Roma - con una adeguata formazione del personale ospedaliero-territoriale, la necessaria informazione alla famiglia e agli eventuali caregiver del diabetico, perché sia intrapreso un iter assistenziale multiprofessionale e multidisciplinare, condiviso da tutti gli attori del settore e senza discontinuità».
LA PATOLOGIA
In Italia il 4,7% della popolazione adulta (fra i 18 e i 69 anni) ha una diagnosi di diabete. La malattia cresce con l’età (è inferiore al 3% nelle persone con meno di 50 anni e supera il 9% in quelle di 50-69 anni), è più frequente fra gli uomini (5,3 %) che fra le donne (4,1%), colpisce in particolare le fasce di popolazione più svantaggiate per istruzione o condizioni economiche. Risulta che un diabetico su 6 viene ricoverato in ospedale almeno una volta l'anno, il doppio rispetto alla popolazione normale. Inoltre, questi pazienti rimangono in ospedale in media una giornata e mezzo in più rispetto agli altri ricoverati, con un notevole aggravio dei costi.
I COSTI
La spesa attribuibile al diabete mellito per il Sistema sanitario nazionale si aggira ogni anno attorno ai 10 miliardi di euro, spesa per il 60 % legata ai ricoveri oapedalieri e alle complicanze della malattia. «Bisogna rivedere i pronto soccorso nelle realtà urbane, come presidi sanitari indispensabili per le comunità locali - raccomanda Mario Occhiuto, presidente al Senato dell’Intergruppo qualità di vita nelle città - se il 70% degli accessi alle strutture di emergenza sono di codice bianco o verde e non rosso, significa che i cittadini hanno perso i loro punti di riferimento territoriali e si riversano dove l'attenzione dovrebbe focalizzarsi solo sulle urgenze».
I PROBLEMI DI GESTIONE
I fattori che incidono maggiormente sui problemi di gestione dei pronto soccorso sono: il sovraffollamento, un numero inadeguato dei medici in servizio, la scarsità di posti letto per un eventuale ricovero, l’assenza di protocolli condivisi per affrontare le emergenze. Dallo stesso studio Bhave risulta che le motivazioni di accesso per il diabete nei diversi pronto soccorso presi in esame in tutta Italia sono: ipoglicemia (20-56%); iperglicemia (16-45%); chetoacidosi (11-32%); piede diabetico (0-15%).
I FARMACI
Insulina sottocutanea e ipoglicemizzanti orali sono i farmaci utilizzati dai pazienti con diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2 per controllare la glicemia (quantitativo di glucosio presente nel sangue). Il tipo 1 (10 % dei diabetici) è dovuto a una mancanza di insulina (ormone prodotto dalle isole del pancreas), mentre il tipo 2 (90% dei diabetici) si controlla con farmaci orali e con l'alimentazione. Purtroppo, i dispositivi di monitoraggio della glicemia sono utilizzati soltanto dalla metà dei diabetici, altro fattore della necessità di un aggiornamento della medicina del territorio per indirizzare i pazienti verso l’impiego di strumenti in grado di rilevare le oscillazioni dei valori di glucosio nei diversi momenti della giornata, riducendo il rischio di eventi acuti con gravi complicanze croniche.
LA LEGGE
L’Italia è stata la prima nazione al mondo ad approvare una legge (n.115 del 16 marzo 1987) innovativa e molto mirata sulla prevenzione e sulla cura del diabete, con l'istituzione su tutto il territorio nazionale di Servizi specialistici sia per gli adulti che per i bambini. Questa legge definisce il diabete una patologia “di alto interesse sociale” e stabilisce alcuni obiettivi fondamentali da realizzare: diagnosi precoce, miglioramento della cura attraverso una rete di assistenza specializzata, prevenzione delle complicanze, inserimento dei diabetici nella scuola, nel lavoro e nello sport, aggiornamento continuo del personale sanitario, individuazione della popolazione a rischio, distribuzione gratuita dei fondamentali presidi diagnostici e terapeutici, istituzione della tessera personale del diabetico.
GLI OBIETTIVI NON RAGGIUNTI
A distanza di 36 anni non tutti questi obiettivi sono stati raggiunti. La realtà quotidiana è diversa e molti pazienti diabetici continuano ad accedere ai servizi di emergenza degli ospedali per dei mancati controlli glicemici. Molte volte sono i pronto soccorso a individuare per primi delle diagnosi di diabete in pazienti adulti. I dispositivi di monitoraggio continuo della glicemia vengono utilizzati solo dal 50% dei pazienti.
«NECESSARIO EVITARE RISCHI PIÙ GRAVI»
«Questo dato - conclude il dottor Federico Serra, Senior Advisor per la diabetologia del Centro studi Altis - è indice preoccupante della necessità, da parte del clinico ma anche del medico di base come primo valutatore delle capacità del paziente diabetico, nell’impiegare questi mezzi di controllo, ancor prima di prenderlo in carico se si vuole evitare il rischio di conseguenze ben più gravi».
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