LE INDAGINI
«Ha tirato una testata al mio cliente»: quattro indagati per l’aggressione in autogrill
Tre persone devono rispondere di percosse e il turista francese di lesioni. Per la Procura entrambi i reati sono «aggravati dall’odio razziale»

Sono quattro gli indagati per l’aggressione del 27 luglio scorso all’autogrill di Lainate, sull’A8 Milano-Varese, passata alla ribalta delle cronache per un video postato sui social da un turista francese di 52 anni di religione ebraica, a suo dire, bersaglio, di insulti per la kippah che lui e il figlio indossavano. I colpevoli, per lui, sarebbero stati una quindicina di avventori di origini palestinesi. Un gruppo compatto che a sua volta ha sporto denuncia dando una versione opposta: è stato l’uomo non solo a cominciare ma anche ad alzare le mani.
DUE DIVERSE ACCUSE
Per fare luce sulla vicenda il procuratore aggiunto milanese, Eugenio Fusco, che coordina le indagini delegate alla Digos, ha aperto due fascicoli distinti: in uno il padre 52enne, in gita sul lago con la famiglia e in Italia per far visita alla primogenita che vive a Milano con il marito, risponde di lesioni aggravate dall’odio razziale; nell’altro tre persone italiane, dell’hinterland e non della galassia pro-pal, sono accusate di percosse sempre aggravate dall’odio razziale. La differenza delle incolpazioni sta nel fatto che i tre si sono recati al pronto soccorso e uno di loro ha presentato il referto medico con sette giorni di prognosi, mentre il turista si è medicato da solo. Ora inquirenti e investigatori stanno completando l’analisi delle immagini che hanno raccolto con una serie di testimonianze, per ricostruire la dinamica di quanto accaduto due domeniche fa nell’area di sosta Villoresi Ovest.
LA DENUNCIA DEL SIGNOR ELIE
Il padre, il signor Elie, ha descritto un episodio «antisemita»: quando lui e il figlio hanno incrociato il gruppetto, per via del copricapo, segno inconfondibile della loro fede, sarebbero stati insultati e poi lui colpito. Nei loro confronti sono state gridate frasi come «assassini», «andate a casa vostra», «Palestina libera», «qui non è Gaza, siamo in Italia». In un secondo momento ci sarebbe stata anche un’aggressione fisica, tanto che l’uomo, una volta a terra, sarebbe stato preso a calci. Il 52enne è riuscito a riprendere la prima parte della vicenda con il suo cellulare e il filmato è diventato virale.
«NESSUNA DISCRIMINAZIONE O ODIO ETNICO»
Una versione «parziale e tendenziosa», ha replicato nei giorni successivi Federico Battistini, che assiste alcune delle persone accusate dall’uomo. Che «è stato in realtà il primo a tirare una testata a uno dei miei clienti – sono le parole del legale –, “colpevole” di avergli chiesto di cancellare il video, in quanto lesivo della propria privacy, e a scagliare un pugno al volto del fratello». Violenze fisiche precedute da pesanti insulti, ha raccontato l’avvocato, diretti nei loro confronti quando si è accorto che parlavano arabo. «Da qui la reazione dei miei assistiti e dei loro famigliari scevra da qualsivoglia finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso», ha aggiunto annunciando di aver sporto querela.
«I VIDEO SONO UNA PROVA INCONTESTABILE»
Per questo anche il signor Elie è nel registro degli indagati. «Si difendono – ha detto oggi –, le loro foto sono dappertutto in Italia, lo capisco. Ma c’è una prova incontestabile e sono i video» del locale. «Dicono che avrei reagito per aver visto un ciondolo con la Palestina ma non è così e, comunque, mai avrei avuto un comportamento simile. Cercano di deformare le informazioni ma c’è la giustizia», ha concluso.
© Riproduzione Riservata